Giuseppe Marino
da Milano
Quattro giorni di lavoro e tre di riposo a settimana e 13 settimane di ferie lanno. Era così che, nel 1967, alcuni tra i più accreditati sociologi del mondo prevedevano che sarebbe stata la nostra vita nel 2000. Mestiere duro quello del futurologo. La «profezia» non solo si è rivelata completamente sballata nei dettagli, ma non ha centrato nemmeno la direzione in cui si sarebbe evoluta la società. La «domenica» invece di moltiplicarsi per tre, è scomparsa. «La previsione di una dilatazione del tempo libero - ricorda il professor Giorgio Triani, docente di sociologia delluniversità di Verona - era contenuta nel volume Lanno 2000, frutto di una ricerca del prestigioso Hudson Institute. Gli esperti arrivavano a quella conclusione soprattutto immaginando unapplicazione sempre più diffusa delle tecnologie e dellautomazione per il lavoro, che avrebbe liberato tempo per altri scopi. E invece il tempo libero è praticamente scomparso, è diventato un concetto sempre più trasversale. Tanto che è un concetto trascurato anche dagli studi sociologici ormai da anni». Che fine hanno fatto il riposo, lo svago, il tempo dedicato agli affetti e alla famiglia? Non tutto si è trasformato in tempo di lavoro naturalmente, ma è aumentata la concezione «utilitaristica» del tempo libero. Che non è più libero per niente, perché va sfruttato, massimizzato, reso produttivo per tutti quegli impieghi che nel resto della settimana non abbiamo più la possibilità di soddisfare. Innanzitutto socializzazione e svago.
«Negli ultimi 15 anni - spiega ancora Triani - la quantità di tempo libero degli italiani è cresciuta pochissimo: solo 2 minuti rispetto al 1988, a differenza di Germania e Inghilterra, che hanno registrato il maggiore incremento di tempo libero, grazie anche al telelavoro». In nessun posto come in Italia il tempo libero tradizionalmente si identificava con i riti della domenica. Che infatti diventano progressivamente sempre più marginali nella nostra domenica tipo. Da unindagine del Censis dal titolo «La domenica degli italiani», emerge ad esempio che la mattina del giorno festivo resiste come momento riposo per meno di un italiano su due. Percentuale che destate si riduce ulteriormente, al 38,2%. Chi impigrisce anche nel pomeriggio poi, è sempre più una mosca bianca: allincirca il 18%. Lo stravolgimento della domenica investe in pieno uno degli impegni tradizionali: la messa. Perfino tra i cattolici praticanti, stando al Censis, solo uno su cinque va a messa settimanalmente. «Dai risultati dellindagine - dicono i ricercatori del Censis - è emersa una certa difficoltà della Chiesa a rispondere al bisogno crescente di relazionalità». Ben un terzo degli intervistati dichiara di non sentirsi coinvolto dalla messa, di annoiarsi. Anche la spiritualità dunque viene vista come un momento che dovrebbe coinvolgere, divertire. Perfino la partita fa sempre più fatica a caratterizzare la domenica. Non per niente, tra anticipi, posticipi e coppe, il calcio si è spalmato su tutta la settimana. E lo stadio? Un passatempo sempre più disertato. Nel solo girone di andata 2005-06, prima quindi degli scandali, sugli spalti degli stadi di serie A cè stata unemorragia di oltre 562mila unità, quasi 3mila in meno a partita.
Qual è il nuovo passatempo degli italiani? «In casa è la televisione - dice Carla Collicelli, vicedirettore del Censis - ma gli italiani sono critici sui programmi. Il punto è che anche sedersi davanti alla tv risponde allonnipresente bisogno di socializzazione». Resta forte anche il desiderio di uscire di casa naturalmente. Il 46,6% mette in cima alle proprie aspirazioni il turismo. Ma anche la passeggiata fuori porta si è trasformata. «La nuova passione della domenica fuori casa - commenta Triani - è lo shopping. Per i supermercati la domenica è diventata il secondo giorno della settimana per incassi, dopo il sabato». Una ricerca presentata ieri da Federdistribuzione (pur committente interessato) e realizzata dal Cermes-Bocconi, ha rilevato che il 79,5% degli italiani vorrebbero che almeno la metà dei negozi e centri commerciali fossero aperti ogni giorno dellanno. «Certamente cè lesigenza di approvvigionarsi dei beni che non si sono potuti comprare durante la settimana - dice il vicedirettore del Censis - ma anche qui riteniamo che la molla fondamentale sia la socializzazione.
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