Addio a Zuccoli, il manager che fece di Aem un gigante

Aveva lasciato la carica solo l’8 febbraio. Si è battuto per l’italianità di Edipower creando il secondo produttore nazionale di energia

Addio a Zuccoli, il manager che fece di Aem un gigante

Se è vero, come racconta chi gli è stato vicino, che una delle sue frasi tipiche era «servire e poi scomparire», Giuliano Zuccoli - il presidente di A2A e di Edison deceduto l’altra notte a 69 anni - è morto con l’appagamento del dovere compiuto. La sua ultima battaglia è recentissima: facendo prevalere il suo disegno, è riuscito a strappare ai francesi di Edf, dei quali per molti anni è stato partner in Edison, l’ex genco Edipower. Si era opposto tenacemente allo smembramento della società di produzione elettrica e si era speso per farla tornare a casa, cioè in Italia. Con la spalla determinante del nuovo ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, i francesi sono stati indotti a concentrarsi su altre competenze: a loro il gas, ad A2A l’elettricità. E oggi A2A, con i suoi soci, diventerà il secondo produttore di energia elettrica dopo Enel.
Giuliano Zuccoli si era dimesso da tutte le proprie cariche - a cominciare dalla presidenza del consiglio di gestione di A2A e di Edison - solo l’8 febbraio, quattro giorni fa. Malato da tempo, si è speso fino all’ultimo, anche se nella lettera di congedo non ha nascosto «amarezza» per gli attacchi subiti dal Comune di Milano (grande azionista di A2A), in particolare da parte dell’assessore Bruno Tabacci. Ora la sua successione sarà sicuramente oggetto di dibattito politico, e fare dei nomi appare prematuro (nelle ultime ore il più ripetuto è quello di Giuseppe Sala, ad di Expo). In ogni caso, i consigli di gestione e di sorveglianza di A2A scadranno all’assemblea del 29 maggio, e solo in quella sede saranno assegnati definitivamente gli incarichi; possibile quindi che la poltrona di Zuccoli resti per il momento vuota.
Ingegnere elettrotecnico, valtellinese (di Morbegno), Zuccoli aveva fatto una carriera operativa nel gruppo Falck, all’interno del quale era diventato amministratore delegato della Sondel, società elettrica quotata in Borsa. Alla fine del 1996 fu nominato consigliere di amministrazione di Aem, allora la municipalizzata di Milano, per diventarne un anno dopo amministratore delegato e poi anche presidente, alla vigilia dello sbarco a Piazza Affari.
Qui c’è una storia: Aem tradizionalmente attinge ai bacini idroelettrici della Valtellina, e la quotazione in Piazza Affari apparve a qualcuno come una sorta di «esproprio» delle popolazioni locali. Così il valtellinese Zuccoli, su ispirazione della Lega, salì ai vertici di Aem quasi in una sorta di «risarcimento». Questo non significa che egli avesse etichette di partito: dei quattro sindaci succedutisi a Palazzo Marino durante i suoi incarichi (Formentini, Albertini, Moratti, Pisapia), ebbe particolare sintonia con Albertini (perché «rispettava l’autonomia dell’azienda») e scontri con la Moratti. Fu un uomo di visioni, un idealista che sapeva guardare largo, lontano; ma anche un uomo di concrete realizzazioni, un tenace pragmatico ostinato a non mollare, da buon montanaro.
Il suo vero obiettivo era quello di far diventare grande la propria azienda e, progressivamente, passando per la fusione con l’Asm di Brescia e per l’operazione Delmi tesa ad arginare il potere dei francesi in Edison, ci è riuscito: nel 1997 Aem fatturava 350 milioni di euro con 2.900 dipendenti, oggi A2A fattura 7 miliardi con 9.500 dipendenti, più 3mila all’estero.

Aveva anche spinto lo sviluppo Oltreconfine, in Montenegro, in Francia, nelle tecnologie al servizio dei rifiuti, nel teleriscaldamento. Ma sempre senza distrarsi dalla sua autentica e vera passione: l’energia elettrica.

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