«Adesso fateci ascoltare le altre 99.960 telefonate»

«Perché su centomila intercettazioni ne hanno trascritte solo quaranta?»

Gian Piero Scevola

da Roma

Il convitato di pietra non c’è, ma Luciano Moggi la sua presenza la fa comunque sentire: il suo difensore spara bordate da novanta e, dopo aver detto che il vero «sistema Moggi è la nazionale che sta per giocare la finale a Berlino», in 35 minuti di arringa porge alla Caf una bella patata bollente. «Chiedo di stralciare da questo processo la posizione di Moggi per ragioni di straordinaria rilevanza. Mi aspetto dalla Caf non una sentenza, ma un’ordinanza di sospensione da questo processo per poter utilizzare quelle telefonate che ci permetteranno di difenderci», questa la prima richiesta del difensore, l’avvocato napoletano Paolo Trofino.
Che poi ne fa seguire subito un’altra: «Per il mio assistito le deroghe e le contingenze dettate dalla necessità di chiudere in fretta il processo per poter predisporre i campionati, non esistono. Moggi si è dimesso davanti al mondo lo scorso 16 maggio, quando ha dichiarato che "il mondo del calcio non è più il mio mondo" e ha riaffermato la propria volontà nel documento per la nomina dei difensori dove testualmente diceva "richiamo e rinnovo le dimissioni"».
La sorpresa comunque arriva, perché Trofino parla del traffico telefonico intercettato a Moggi dalla Procura di Napoli: «Sono 420-430 telefonate al giorno, 12-13.000 al mese, autorizzate dal Gip che ogni 15 giorni doveva rinnovare l’autorizzazione. In un anno sono oltre 100.000 e di esse solo 40 sono state isolate per formulare l’accusa di illecito. E le altre 99.960 che fine hanno fatto? Non sono ancora state trascritte e proprio in queste, non isolate, non riportate su carta e non ancora messe a disposizione, sta l’innocenza di Moggi».
Immediata la reazione di Ruperto: «Ma perché Moggi queste cose non è venuto a dirle personalmente?». Trofino allarga le braccia e continua: «Il codice penale dice che se ci sono fatti di rilevanza penale, il processo disciplinare va sospeso, quindi è evidente che questo processo va bloccato in attesa di quello di Napoli».
È invece presente l’arbitro De Santis, silenzioso, seduto accanto all’avvocato Silvia Morescanti che controbatte alle accuse del Procuratore Palazzi: «Non è provato che De Santis abbia aderito al sistema Moggi. Sono solo due le partite sotto inchiesta, Fiorentina-Bologna e Lecce-Parma: per la prima non c’è alcuna telefonata, per l’altra fanno testo il comportamento di Zeman e la successiva telefonata tra l’arbitro e Mazzini, dove De Santis spiega il proprio comportamento con il ds parmense Cinquini che protestava per i troppi ammoniti, con conseguenti 5 squalifiche per lo spareggio con il Bologna». L’avvocato è poi durissima con il funzionario Can Manfredi Martino, le cui rivelazioni su arbitri e sorteggio taroccato hanno contribuito alle accuse contro tanti tra i 26 deferiti. «Sono solo incongruenze quelle dette da Martino - afferma la Morescanti - e dico che o è un mendace o un reo confesso. Nel primo caso non può essere preso in considerazione, nel secondo, secondo una sentenza della Cassazione, avrebbe commesso un reato. Comunque abbiamo chiesto alla Figc l’autorizzazione per adire le vie legali nei confronti di Martino, Carlo Ancelotti e l’allora giocatore del Lecce, Fabio Vignaroli, testi indicati dall’accusa, che avremmo voluto qui come testimoni». Dura la Morescanti anche su Ancelotti: «Solo nello scorso maggio ha riferito che quando nel 2000 allenava la Juve, aveva percepito che De Santis favoriva i bianconeri; lo dice ora, non a suo tempo». Negati i rapporti con Moggi, la Morescanti chiede il proscioglimento del fischietto di Tivoli. Il futuro è però dietro l’angolo, c’è il Tar del Lazio che presto potrebbe avere molto da lavorare con il calcio.


«La giurisdizione statale non può restare indifferente alle decisioni che la giustizia sportiva adotterà per lo scandalo calcio», questo il parere di Pasquale Di Lise, presidente della prima sezione Tar Lazio (a giudicare i possibili ricorsi sarà invece la terza), autosospesosi dalla presidenza della Corte federale (che giudica in seconda istanza) per motivi di opportunità. Intanto, in extremis, la Juventus ha depositato un’integrazione alla memoria difensiva sul tentativo di Moggi di «incidere sulla designazione degli assistenti».

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