Dopo settimane di inattività, l'argomento all'ordine del giorno dei lavori della Camera, il voto per mettere fine allo shutdown, è stato oscurato dal nuovo capitolo dell'"affaire Epstein" e dai presunti rapporti inconfessabili tra l'ex finanziere pedofilo, morto suicida in carcere, e Donald Trump.
Non può essere una coincidenza che i Democratici della Commissione di Vigilanza abbiano deciso di rendere pubbliche alcune email di Epstein che mettono in imbarazzo il presidente, proprio nel giorno del previsto giuramento della deputata dell'Arizona Adelita Grijalva. La neodeputata democratica, eletta il 23 settembre in un'elezione suppletiva per il seggio lasciato vacante dal padre, Raul Grijalva, scomparso a marzo, non aveva finora potuto insediarsi al Congresso per l'ostruzionismo dello speaker repubblicano Mike Johnson. Quella della Grijalva è la firma che numericamente ancora manca alla petizione bipartisan che imporrebbe un voto in aula per chiedere al dipartimento di Giustizia di pubblicare i documenti su Epstein ancora secretati.
Gli stessi - compresa la famosa "lista dei clienti" - che la ministra della Giustizia Pam Bondi aveva promesso di rendere pubblici, salvo poi fare marcia indietro nei mesi scorsi e negare perfino l'esistenza di una "lista". Di fronte all'offensiva democratica e all'imminente giuramento della Grijalva, non più arginabile appellandosi alle pieghe dei regolamenti parlamentari, i Repubblicani hanno fatto la loro contromossa: la pubblicazione, a loro volta, di 23mila pagine di documenti sulla vicenda Epstein che erano stati acquisiti ad agosto dalla stessa Commissione di Vigilanza.
È materiale proveniente dall'archivio degli eredi del finanziere, finora mantenuto riservato. L'iniziativa appare come un tentativo di mettersi al riparo dalle accuse di avere "nascosto" al pubblico verità potenzialmente imbarazzanti per la Casa Bianca. Impossibile, in questa fase della battaglia parlamentare e mediatica, stabilire se l'iniziativa sia stata concordata con Trump e il suo entourage. Ampi settori del Partito repubblicano alla Camera, tra cui diversi esponenti della destra Maga, hanno finora vissuto con grande imbarazzo la gestione della vicenda Epstein da parte dell'amministrazione. Ancora ieri sera la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, nel punto stampa, ha negato che in questo momento il presidente "stia pensando a qualche tipo di grazia per Ghislaine Maxwell", l'ex fidanzata e complice di Epstein.
Da un lato, ci sono le pressioni di un elettorato al quale in questi anni è stato promesso che il ritorno al potere di Trump avrebbe fatto definitivamente chiarezza sulle presunte collusioni tra Epstein e le
élite democratiche e liberal; dall'altro, la necessità per molti, tra i banchi repubblicani, di garantirsi un futuro politico anche nel dopo-Trump, ora che l'ultima tornata elettorale ha fatto apparire i primi scricchiolii.