Adesso i pm possono imbavagliare gli onorevoli

RomaC’era una volta l’articolo 68 della Costituzione, quello relativo all’insindacabilità delle opinioni espresse durante il mandato parlamentare. C’era una volta una norma che puntava a garantire al politico l’assoluta serenità civile, al riparo da eventuali strumentalizzazioni delle funzioni giudiziarie a fini di pressione, repressione o intimidazione. Ora, invece, una sentenza della Corte costituzionale che ha colpito Francesco Storace, ne ha ridefinito i confini. E ha ristretto il territorio di applicazione di questa guarentigia, depotenziandola e alterando ulteriormente l’equilibrio tra potere politico e giudiziario.
Curioso destino, quello dei politici. Proprio mentre il Parlamento si appresta ad avviare il lungo iter della riforma della giustizia e proprio nelle ore in cui si discute della responsabilità civile dei magistrati, con un colpo secco la Consulta strappa loro di dosso buona parte del loro storico scudo costituzionale. Peraltro a rendere ancora più complicata e foriera di polemiche la vicenda, si aggiunge il fatto che la Corte con questa sentenza consente proprio a un magistrato, Henry John Woodcock, di procedere con una querela per diffamazione ai danni di un politico, Francesco Storace appunto. E non è tutto. Perché lo scorso 11 marzo la stessa Consulta, con una sentenza del tutto simile, aveva dato il via libera a una querela ancora di Woodcock contro il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, per alcune frasi dette in tv.
L’episodio che riguarda Storace risale al 2006 quando il leader della Destra era senatore e il magistrato sostituto procuratore a Potenza. Storace criticò duramente, in un’intervista, la cosiddetta inchiesta gossip, mandando su tutte le furie il pm oggi in servizio a Napoli. Ora la Corte ha annullato la delibera con cui, nel luglio 2009, il Senato aveva stabilito l’insindacabilità delle opinioni espresse da Storace nei confronti del magistrato e ha stabilito che l’ex governatore del Lazio è processabile per diffamazione a mezzo stampa. In questo modo i giudici della Consulta hanno ritenuto fondato il conflitto di attribuzione sollevato dal giudice dell’udienza preliminare di Roma, e riconosciuto che la delibera del Senato ha violato la Costituzione «ledendo le attribuzioni dell’autorità giudiziaria». Per il gup di Roma le parole di Storace, in quella occasione «attengono unicamente alla sua veste di uomo politico e non anche all’esercizio della sua funzione di senatore».
La sentenza, ovviamente, è destinata a far discutere e a rendere ancora più frontale il contenzioso tra politica e magistratura. Per il momento a farsi portavoce dei malumori della maggioranza è il vicepresidente del gruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello.

«Si va consolidando in maniera preoccupante una giurisprudenza costituzionale molto restrittiva rispetto all’applicazione delle poche residue garanzie che ciò che resta dell’articolo 68 attribuisce ai rappresentanti del popolo. Tutto questo desta preoccupazione per quello che si configura come una mancata tutela di un esercizio democratico».

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