Adesso il nuovo Sudan sprofonda nei vecchi orrori

Oltre tremila morti in pochi giorni per una faida tribale. Uccisi barbaramente anche donne e bambini

Nuovo Stato, vecchi massacri è il tragico destino di una fetta del Sud Sudan sconvolto dalle faide tribali. Questa volta nella giovane nazione africana nata appena lo scorso luglio il bilancio dei morti sarebbe spaventoso: oltre 3000 in pochi giorni di mattanza. Joshua Konyi, capo dell'amministrazione di Pibor, la principale città presa d'assalto, parla di «assassini in serie, un massacro. Abbiamo contato i corpi e calcolato che 2182 donne e bambini e 959 uomini sono stati uccisi». La mattanza sarebbe avvenuta nel governatorato di Jonglei, una delle zone più isolate del Paese, senza strade di collegamento degne di questo nome. Il condizionale è d'obbligo tenendo conto che non ci sono fonti indipendenti a certificare le migliaia di morti, ma il governo del Sud Sudan ha dichiarato il «disastro umanitario». Le Nazioni Unite hanno già confermato centinaia di vittime e lanciato un piano di emergenza per portare cibo, acqua e aiuti ai sopravvissuti. Cinquantamila persone sono sfollate, in fuga dalle violenze.
Il massacro ha avuto inizio la scorsa settimana quando una colonna di 6000 giovani guerrieri della tribù Lou Nuer si è messa in marcia verso la zona dei rivali Murle. I due clan si odiano da sempre e da una decina d'anni è in corso una faida tribale con razzie di bestiame e rapimenti in massa di bambini. Il nodo del contendere è antico e si basa sul controllo dell'acqua, dei pascoli e dei capi di bestiame, che a quelle latitudini vengono usati dai giovani come dote per trovarsi moglie. Un sottile odio etnico fa il resto, assieme alle leggende. I Murle, che hanno subito l'attacco, vengono considerati dagli altri clan dei primitivi con poteri magici e accusati di inspiegabili malattie o incendi. In pratica seminerebbero il malocchio.

La colonna in armi di Nuer è piombata su Pibor e dintorni mettendola a ferro e fuoco. Intere famiglie sarebbero state bruciate vive nelle loro case, le donne violentate ed i bambini risparmiati portati via come bottino di guerra. Non solo: un ospedale è stato preso d'assalto e la città saccheggiata. I pochi poliziotti non osavano intervenire. Un battaglione di caschi blu inviato nell'area sembra che sia riuscito a fare ben poco per fermare il massacro. Solo con l'arrivo dell'esercito governativo, che ha aperto il fuoco per fermare le violenze, si è ottenuto il ritiro degli assalitori. L'«esercito bianco dei Neur» ha rivendicato l'azione con un comunicato definendola «un successo» ed intimando alla tribù rivale di non provare a scatenare rappresaglie. «Se lo faranno lanceremo attacchi di sorpresa e scorrerà ancora più sangue». Poi, rivolti al debole governo del giovane Stato i massacratori hanno ribadito: «Qualsiasi tentativo di disarmare l'esercito dei Neur porterà ad una catastrofe».

La strage è la sanguinosa risposta ad un precedente attacco dei Murle dello scorso anno, che aveva provocato 600 vittime nella tribù rivale, il rapimento di 200 bambini e la razzia di 25mila capi di bestiame. L'ennesimo episodio di una faida che solo dall'indipendenza del Sud Sudan, africano e cristiano, dal nord musulmano e arabo ha provocato 1100 morti e 63mila sfollati, senza calcolare l'ultimo massacro. Probabilmente molti bambini, considerati morti o dispersi, sono stati presi in ostaggio. L'obiettivo è non solo rifarsi del bestiame rubato in precedenti razzie, ma scambiare i piccoli prigionieri, che vengono trattati come schiavi.

Non abbiamo fatto un salto indietro di secoli, ai tempi delle guerre tribali nell'Africa nera, ma negli ultimi decenni di conflitto civile con

gli arabi del nord le tribù del Sud Sudan si sono armate con arsenali moderni. Al posto delle lance di un tempo si usano kalashnikov e granate, che insanguinano sempre più la faida del bestiame.
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