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«Adesso temiamo attacchi a sorpresa»

«La mia preoccupazione non sono le aree a rischio, lì il dispositivo messo a punto ci consentirà oggi di garantire la sicurezza del voto, ma piuttosto qualche sorpresa nelle cosiddette zone “sicure”. Gli insorti - nonostante gli attentati di questi giorni - non hanno fatto molti passi avanti, approfittano semplicemente delle elezioni e della presenza della stampa internazionale per mettere a segno attacchi di grossa resa mediatica. Le loro capacità e i loro mezzi non gli consentono di compromettere il voto su vasta scala, cercheranno di metter a segno attacchi a sorpresa colpendo la casa di un governatore o una sezione elettorale di una grossa città. Queste eventuali “sorprese” mi costringerebbero ad impiegare le riserve distogliendole da altre zone e rischiando di ritrovarmi sguarnito nelle zone a rischio».
Il generale Rosario Castellano, 49 anni, responsabile delle quattro province occidentali dell'Afghanistan sotto comando italiano oggi non avrà molto tempo per rilassarsi. Da lui dipende il regolare svolgimento delle elezioni nei circa 900 seggi e la sicurezza di circa un milione e mezzo di elettori. Ovviamente pensare di poter garantire la sicurezza soltanto con le truppe italiane e straniere sarebbe illusorio. La sicurezza delle elezioni dipenderà in maniera sostanziale anche dall'esercito afghano e dalla polizia. L'ancor scarsa efficienza di molti di questi reparti preoccupa alcuni osservatori, ma il Generale Castellano in questa intervista al Giornale si dice fiducioso.
«La collaborazione con l'esercito afghano negli ultimi giorni ci ha consentito di premere su un distretto a 7 km da Herat eliminando molte sacche di resistenza. Ieri mattina un reparto afghano addestrato dai nostri uomini è entrato a Pashtun Zarkun, il villaggio dove si erano ritirati catturando 20 militanti e sequestrando esplosivo e vario materiale. Questi episodi dimostrano che le loro capacità sono in crescita. Forse non raggiungeranno mai il nostro livello, ma a noi basta renderli autosufficienti. Raggiunto quell'obiettivo la nostra missione potrà dirsi completata».
I talebani intanto nuotano come pesci nell'acqua...
«Sfruttano l'appoggio di quella parte della popolazione che coniuga attività criminali come traffici illeciti, contrabbando di droga e posti di blocco illegali con la lotta insurrezionale, ma quelli non rappresentano il vero problema. Il nocciolo duro dell'insurrezione, quella più abile nell'organizzare attacchi terroristici e attentati suicidi, è rappresentato da elementi stranieri».
La politica in queste ultime settimane ha discettato su missione di pace e di guerra. Lei come la vede?
«Io sono qui per assolvere un mandato, le diatribe su pace e guerra non mi appartengono e non mi interessano. Sono un soldato, eseguo soltanto gli ordini».
Accusano la Folgore di innalzare il livello dello scontro rispetto ai precedenti contingenti, è vero?
«I risultati raggiunti dalla Folgore in questa missione sono eccellenti. Lavorando con l'esercito locale e appoggiandolo abbiamo liberato molte zone rimaste a lungo sotto il controllo degli insorti.

Tutte le nostre operazioni sono però scaturite da precise richieste rivolteci dai quattro governatori delle province e dai comandanti regionali di polizia e esercito. Quando ci è stato chiesto non abbiamo esitato ad intervenire, come previsto dal mandato, per dar man forte a esercito e polizia locale. E, mi creda, continueremo a farlo ogni qual volta ce lo chiederanno».

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