Adidas Cup, scende in campo il «capitano»

Serata di gol per Eros Ramazzotti

Gian Piero Scevola

E venne il giorno di Franco Baresi. Atteso con ansia, circondato come un divo, osannato per un passato inimitabile, il grande Franz si è presentato giovedì serà sui campi in erba sintetica del centro Masseroni Marchese per dare spettacolo nell’Adidas Cup. Perché definire questa manifestazione, fortemente voluta dalla Fondazione Milan con iscrizioni e incasso in beneficenza, come una piccola Champions dei bei tempi andati non deve sembrare come un atto di superbia. Quella messa in piedi da Mauro Tavola e dal suo preciso e attento staff targato Milan, è davvero una Cup da tenere nella massima considerazione.
Se Franco Baresi ha dato spettacolo, facendo scorrere più di un rimpianto tra il numeroso pubblico (a guardarlo c’era anche Giuseppe Favalli, l’attuale difensore rossonero venuto, forse, ad imparare da un grande maestro), non si può dimenticare il contorno di ex che rende attraente oltre ogni immaginazione l’Adidas Cup. Se pensiamo a Chicco Evani e Pietro Vierchowod (guarda caso nella Epicas, stessa squadra di Baresi, con Maurizio Ganz come allenatore, il che la dice lunga su chi è la favorita finale), all’ex nerazzurro Benoit Cauet che nel Citizen of Humanity, con i suoi tre gol, ha spento le ambizioni di Sky. O anche a Eros Ramazzotti che, straordinario cantante (e questo si sapeva), si scopre anche inarrivabile goleador (ma anche questo era stato messo in mostra nella nazionale cantanti), con una cinquina di reti una più bella dell’altra infilata nella porta del Maestro di Casa. Perché Radiorama, il super team ramazzottiano, è l’altro grande favorito della manifestazione: 11 i gol messi a segno giovedì sera con le doppiette di Riccadonna, Gencarelli e Nardacci a fare da damigelle alla prestazione monstre dell’Eros nazionale. E mancava, scusate se è poco, un certo Leonardo.
Senza dimenticare la pronta ripresa dell’Atahotels di Paolo Ligresti che, sconfitto da Ramazzotti nella prima giornata, si è subito presa la rivincita con un secco 8-3 allo Studio Izzi del malcapitato Augusto De Megni, il vincitore del Grande Fratello che, con la nomea di buon portiere, sta invece subendo valanghe di reti. Le triplette di Claudio Lippi e Ligresti hanno fatto la differenza, così come la presenza di Stroppa, Carboni e Ielpo nella squadra di Ligresti. Ma la partita choc della serata è stata quella che ha visto di fronte Il Giornale e Adidas, iscritta come Impossible is nothing. Una gara ricca di colpi di scena: Adidas, rinforzata da due pezzi da novanta come Paolo Monelli e Oreste Didonè, ha concluso il primo tempo in vantaggio sul 6-2, approfittando di dieci minuti di totale black out da parte degli avversari.
La ripresa ha visto la carica all’arma bianca dei gialli berlusconiani che, proprio con Billy Berlusconi, autore di un poker di reti e capocannoniere principe dell’Adidas Cup, ha portato nei minuti finali a scavalcare gli avversari a lungo in vantaggio grazie alle prodezze di Didonè (2), Monelli (2), Sabatino, Beltrami e alla maldestra deviazione di testa nella propria porta da parte di Rossi. A ribaltare la situazione e a salvare forse la panchina al mister del Giornale, ci hanno pensato però, oltre a Berlusconi, le doppiette di Lastella e Grosselli e una magica punizione di capitan Andrea Manzoni, mentre Fusco, Rossi, Tedoldi, Gelosi, Buzzati e Medohun (infortunatosi al ginocchio) completavano la festa (con Nicola Lupone a tifare come un matto, ma pronto a scendere in campo nella prossima partita). Insomma, questa volta «impossible is nothing» sembra proprio sia stato il motto del Giornale. Bene anche Media Partners, un’altra grande favorita, guidata da Andrea Locatelli che ha facilmente disposto 12-3 della Banca Mediolanum con un festival di goleador: due a testa per Serandrei, Baldo, Crippa, Locatelli; una rete invece per Santarossa, Musazzi, Sapienza e Franceschetti. Insomma, questa Adidas Cup è davvero uno spettacolo di lealtà, sportività e bel gioco.

Provare per credere, basta presentarsi giovedì prossimo al Masseroni Marchese.

Commenti