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Adriano: «Scelgo Ronaldinho, non Mancini»

Riccardo Signori

nostro inviato ad Appiano

Tutto come prima, più di prima. Adriano, l’Inter, Adriano e l’Inter e viceversa. Le accuse sono diventate uno sfogo, la smentita una conferma. Adriano non si è rimangiato quasi niente dell’intervista all’amico brasiliano. Soltanto i toni. «Forse ho esagerato, quando uno si sfoga sfuggono parole diverse da quelle che vorrebbe dire». Chapeau! Visti usi e costumi del mondo calcistico, sempre pronto a rimangiarsi la parola. Ma l’Inter non ha perso l’etichetta: comunque vada non è un successo. C’è sempre un gol o una parola di troppo ad inquinare i buoni propositi. Ieri il bombardiere nero si è presentato ad Appiano scortato dai generali di corpo d’armata della comunicazione. Atmosfera da: tutti attenti e tutti zitti. Ognuno a prender nota con solerzia cronistica, salvo poi sollevar capo dal taccuino per dire: scusi, queste cose le ha già dette ieri.
Meglio ridere, che piangere. Almeno in questo Adriano ha ragione. Ma nel variegato mondo nerazzurro che ha tanti pregi (Moratti, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo) e qualche difetto (Moratti c’è, ma è meglio se non ci fosse), gli sproloqui del brasiliano sono la colonna sonora di un effetto rifondazione che il mercato interista, fin dai prossimi giorni, dovrà mettere a punto. Adriano ha confermato l’idea di restare a Milano anche per il prossimo anno. «Voglio vincere qualcosa». Ma troppe volte ha sottolineato. «Resto se la gente vuole che io resti, altrimenti me ne dovrò andare». Ed ha soggiunto: «L’amore dei tifosi è strano: a volte ti amano, poi le cose cambiano. Ma io devo fare sempre bene in campo per evitare che questo amore si trasformi in odio». Comunque la si giri, c’è puzza di bruciato. Ieri il giocatore ha fatto doveroso mea culpa: «Devo imparare ad esser più intelligente, quanto passato quest’anno sarà un esempio per l’anno prossimo. Non è stata una buona stagione e non parliamo di problema tecnico o di questione fisica. Tutti dicevano che non stavo bene, ma non è così. È solo una questione di testa. Se sono tranquillo e sereno posso fare il mio bene. L’anno scorso nessuno si lamentava. Quest’anno ho passato un brutto periodo personale, sto per avere un figlio, insomma...». Ecco, in questo sospendere il discorso forse è affiorato il vero problema interiore di Adriano, la storia che gli ha capovolto un mondo: un figlio che non aspettava, troppo inatteso per esser subito ben accetto, un rapporto con la fidanzata andato a catafascio, magari ci sarà stata anche l’idea di non avere il figlio. Stordimenti che provocano una crisi, soprattutto dentro una testa da bambolone.
Ma, al di là del problema interiore, Adriano ha ripetuto i problemi cosiddetti di lavoro. Con Veron non si parla («Non si va mai d’accordo con tutti, è importante fare bene il lavoro»), ma Moratti sta aspettando una risposta dall’argentino per rinnovare il contratto. Il peso della responsabilità: «Mi sembra di essere il giocatore più importante per la squadra, ma sono tranquillo: le cose cambiano, il mondo gira, ora devo lavorare per tornare in campo per l’Inter e ai mondiali». I problemi con Mancini: «Per me e la società il derby era importante, volevo giocare. Non ce l’ho con Mancini ma, siccome non stavo al cento per cento, era meglio se mi metteva una punta accanto». Ed appunto la ricerca dell’attaccante da affiancargli sarà l’obbiettivo dela campagna acquisti. Moratti attende di capire se Henry sia solo un sogno, ha in mano Tavano, sta ripensando a Lucarelli per rendere l’Inter un po’più italiana, tiene un occhio sull’evoluzione dei rappoorti fra Cassano e il Real Madrid. Ma forse rinnoverà ancora il contratto a Recoba, che ieri si è stirato ed ha concluso la stagione. A modo suo Adriano ha già trovato una soluzione. «Credo che per ora sarà Ronaldinho, e non Mancini, a restituirmi il sorriso: andiamo ai mondiali e lui dovrà mettermi davanti alla porta per fare gol».
Infine il bomberone (ex?) non ha nascosto i dubbi sulla struttura societaria, riaffiorati con una risposta forse ingenua (forse) ma proveniente direttamente dal cuore. Domanda: perchè Kakà, Shevchenko, Ronaldinho non hanno i tuoi problemi. Risposta: «Perchè sono giocatori diversi da me e stanno in una società diversa». E qui Adriano forse vuole troppo. Proprio di recente, Moratti ha ricevuto una soffiata circa la disponibilità della triade juventina (intesa come Giraudo, Moggi, Capello) ad un trasferimento a Milano. Se avesse dato ascolto ad Adriano avrebbe risposto: sì.

Ma così non è stato.

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