«Afef pazza per le rose bianche» Scoop e ricordi degli ultimi fiorai

Solo 47 i chioschi in città. Vendono più per la festa della mamma che a San Valentino

Massimo Piccaluga

Afef Tronchetti Provera e Valentina Cortese adorano le rose bianche. Vittorio Sgarbi e Milva comprano fiori di stagione. Cesare Romiti ordina solo rose e orchidee, come Franco Battiato. Martina Colombari adora i gigli, la moglie di Paolo Maldini va matta per le calle e Enzo Iacchetti per i tulipani. Mariangela Melato stravede per le mimose e Enzo Biagi preferisce comprare fiori assortiti. Tra i 47 chioschi di fiori che abbelliscono piazze e marciapiedi di Milano ci si può imbattere anche in personaggi celebri. Perché i fiorai di strada, quelli con le mani graffiate dalle spine delle rose, piacciono a tutti: sanno dare un consiglio, suggerire una composizione, infondere un po’ di buonumore.
I chioschetti fanno la loro prima apparizione in città all’inizio degli Anni Quaranta. Alla guida di carrettini a pedali i fiorai di ieri raggiungevano il mercato ortofrutticolo che si trovava in corso XXII Marzo. Sui loro banchi c’erano poche specie, ma il profumo inebriante era sempre quello. Oggi, con l’avvento delle coltivazioni in serra, i «trespoli» (nome dei classici banchi a tre gradini di lamiera dipinta di verde) e i chioschetti sono un’esplosione di forme e colori; ma forse più di ieri raccolgono le stranezze e le ingenuità dei milanesi.
Sandro Toma da 13 anni confeziona mazzi di fiori per i passanti di piazza Cordusio. La doppia postazione accanto all’uscita del metrò l’ha ereditata dal precedente titolare di cui era lavorante. «La settimana scorsa un tale ha voluto un mazzo di rose decapitate - racconta -: solo i gambi spinosi. Un altro signore ha pagato 2mila euro per una fornitura di 1460 rose rosse: voleva riconquistare la fidanzata. Come è andata a finire? Che lei lo ha lasciato lo stesso». Nunzia e Consuelo vivacizzano col loro chiosco piazza Sant’Angelo dal 1994 anche se - dicono - la rivendita dei fiori è lì da oltre 80 anni. «Per un matrimonio ci hanno ordinato centrotavola senza fiori, composti solo con peperoncini rossi, cannella e limoni - spiegano -. Un’altra stranezza? Qualche giorno fa si è presentato un signore molto distinto con un mazzo di carciofi ai quali ha voluto che aggiungessimo dei fiori secondo il nostro gusto». Roberto Cannavò ha uno splendido chioschetto in via Morgagni che risale agli Anni Quaranta e che ha acquistato nel 1991: «Una ragazza un po’ stramba si avvicina e mi chiede: la pianta della marijuana ce l’hai? Ma certe richieste sono anche più fantasiose. Qualcuno mi ha domandato se vendo piante carnivore o fiori che sbocciano al buio».
Ma chi compra più fiori a Milano? Pare che le signore sopra i 45 anni detengano il primato: si tratta perlopiù di casalinghe e pensionate anche se non manca una buona fetta di lavoratrici dipendenti. I giovani tra i 18 e i 24 anni invece sono pochissimi e ogni tanto fanno richieste al limite dell’indisponente: «Mi dia un girasole perché ho pochi soldi. E per fare volume ci metta tanto verde attorno». Mariella Corbella è la figlia della «mitica» signora Alda, la fioraia di piazza del Duomo, angolo via Marconi. Della Alda, che nello stesso chiosco ha venduto fiori dal 1945 al 1997, ha le stesse buone maniere e il sorriso, ma certe richieste la infastidiscono: «Hai voglia a spiegare che il verde costa: il velo da sposa o il bluebell mica ce lo danno gratis, lo paghiamo un euro e cinquanta al ramo. E il cellophane per avvolgere i fiori? Costa quasi 600 euro al quintale!». Un’altra curiosità carpita tra i chioschetti è scoprire che il milanese è un incorreggibile mammone: «A San Valentino - svela ad esempio Domenico Rizzi, fioraio in piazza Conciliazione - si vende molto meno che nel giorno dedicato alla mamma».
Le specie più richieste a Milano sono le rose. A ruota seguono lilium, orchidee, gerbere e bouquet vari. «Anche se a maggio e giugno - svela il signor Antonio, da 40 anni titolare del chioschetto in piazza Giovine Italia e specialista in bouquet monocromatici - prendono il sopravvento peonie e calle che sono difficili da trovare in altre stagioni».
Ma non sono sempre rose e fiori: come tutti i mestieri di una volta anche questo sta inesorabilmente scomparendo. Ne fanno fede i rapporti dell’Amsa che ogni tanto deve intervenire a rimuovere chioschi e trespoli abbandonati. Così è successo per quello di piazza Oberdan, per via Uruguay, per via Giulio Romano, per via Novara angolo via Cenni, per il chiosco di via Inganni, per quello in Diocleziano e per il banco di fiori che ingentiliva via Ricciarelli angolo via Dolci.

Il signor Vincenzo, che dal 1950 vende fiori in corso Italia di fronte alla scuola militare Teulié, scuote la testa: «Se a questo aggiungiamo che il Comune non dà più licenze e che cinesi e cingalesi comprano in contanti i chioschi per riconvertirli in rivendite di abiti casual - conclude amaro - la nostra progressiva scomparsa è quasi certa».

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