Tiziana Paolocci
Massimo Malpica
Roma Altre sezioni di partito che spuntano lì dove il Campidoglio aveva concesso locali ad associazioni (non politiche) senza fine di lucro. Gli elenchi delle proprietà immobiliari del comune di Roma riservano ancora sorprese. Ma l’attrazione fatale tra potenti e case di lusso con vista sul privilegio, ormai, non sorprende più. L’ultimo capitolo di Affittopoli ricalca le polemiche, nate proprio intorno alla dismissione del patrimonio in mattoni del Campidoglio, nel 2008. Quando, tra l’altro, saltarono fuori i nomi di un politico eccellente (Arturo Parisi) che avrebbe chiesto e ottenuto dall’Ipab Sant’Alessio una casa di 100 metri quadri in via Margutta, e di un costruttore altrettanto noto, Pierluigi Toti, al quale venne assegnato un appartamento di 96 metri quadrati a Piazza di Trevi, di fronte alla celebre fontana, per un canone di appena 905 euro al mese.
Spulciando le liste delle case del Campidoglio assegnate in locazione, invece, adesso spunta anche il passato «pericoloso» dell’inquilino forse più invidiato dell’elenco. Maurizio C, oggi 51enne, abita infatti al 68 di piazza Navona. E per la sua casa al quinto piano paga poco meno di 13 euro mensili. Non è famoso, ma qualche anno fa (nel 1996) è finito comunque sui giornali. Perché sorpreso dai carabinieri a vendere hashish proprio nel portone del suo alloggio pubblico.
Al di là dei casi singoli, la sproporzione tra gli introiti potenziali ed effettivi dell’amministrazione capitolina è tutta nella forbice tra i valori di mercato nelle zone di maggior pregio (e non solo) e le valutazioni «da saldo» fissate per gli immobili disponibili del Campidoglio con le delibere che davano il via alla dismissione voluta dalla giunta Veltroni. Bassi prezzi di partenza, sconti concessi ai residenti ed ecco che l’incasso si assottiglia.
Per restare in piazza Navona, due cessioni nello stesso stabile al civico 68 rendono meglio l’idea. Nel 2006 Glauco Taliento, già locatario, esercita il suo diritto di prelazione. E si compra i suoi 127 metri quadrati al quarto piano della celebre piazza per 352.450 euro. Per capirci, le stime prudenti dell’agenzia del territorio suggerirebbero un prezzo, per un simile immobile, di almeno 1,5 milioni di euro. E in effetti, al primo piano, l’anno dopo, Giancarlo Jacorossi compra un immobile ben più piccolo ma all’asta, senza prelazione, e infatti versa nelle casse comunali 511mila euro per «soli» 47 metri quadri.
Ieri il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha istituito una commissione d’inchiesta per verificare in particolare «la congruità dei valori di vendita degli immobili», alienati tra 2001 e 2010. Che qualcosa non quadri lo pensano anche in procura. Ieri i pm titolari del fascicolo sull’affittopoli all’ombra del Colosseo hanno chiesto l’acquisizione degli elenchi degli immobili venduti e affittati dal comune di Roma e dalla Regione Lazio. L’arco temporale, però, risale solo fino al 2007, poiché si indaga per abuso d’ufficio e prima d’allora il reato sarebbe prescritto.
Di certo, qualcosa non torna se, come contraltare ai 1.346 immobili disponibili (non case popolari) che il Campidoglio ha dato in locazione, l’amministrazione incassa 4.344.000 euro. In media, poco più di tremila euro l’anno per immobile (un dato che comprende però anche le pertinenze), nonostante le zone di assoluto pregio in cui in gran parte si trovano. Colpisce, nell’elenco, il gran numero di locali assegnati in locazione al gestore telefonico Vodafone, sempre con canoni non certo proibitivi (meno di 6mila euro annui, per esempio, per un locale in via Cassia Vecchia, 734). Mentre continuano a spuntare sezioni di partito laddove, invece, agli elenchi del comune risultano associazioni no-profit. Così ecco che dove dovrebbe esserci la sede dell’associazione «la bottega dei Gordiani», in viale della Venezia Giulia 71/75, sono «nate» miracolosamente anche due sezioni, una per i «giovani democratici» e una per il Pd.
Sempre in zona, in via Prenestina 284, risulta assegnataria l’associazione Evoluzione 2003.
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