Giacomo Susca
Idoli, feticci, rappresentazioni del sacro che il tempo e il gusto di artisti ed esploratori occidentali hanno reso Arte a tutti gli effetti. Il mito del «buon selvaggio» che fu caro a Rousseau prende forma nelle espressioni affascinanti e ipnotiche dell'Africa nera sud-sahariana. Rivivono nella mostra «Estetica africana», alla galleria Dalton Somaré di via Borgonuovo 5. Un'esposizione di livello che raccoglie un lotto di 33 oggetti - più un'altra decina di pezzi fuori catalogo - selezionati «in base a criteri di assoluta purezza estetica», come spiega l'antropologo e curatore dell'esposizione, Leonardo Vigorelli. Le sculture, che rimarranno a disposizione del pubblico fino al 22 dicembre (da martedì a sabato dalle 15.30 alle 19.30), sono frutto di un lungo lavoro di ricerca svolto tra Europa e Stati Uniti movendosi tra prestigiose collezioni private. Spiccano, soprattutto, le opere appartenute al regista statunitense Billy Wilder (un pilastro nigeriano in legno con immagine di Odudua), oppure l'immagine di antenato, sempre in legno, proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo e finita nella collezione parigina dello stilista Takada Kenzo. E come non notare, oltre alle immancabili maschere tribali, l'immagine di divinatore che suona il lawle, facente parte della collezione Paul Guillaume, gallerista francese tra i primi a riconoscere la dignità dell'arte negra? Merita una citazione anche la figura guardiana in legno, patina bruna, ottone, rame e ferro, di quello che fu con tutta probabilità un reliquiario nel Gabon, contenuta in una collezione privata newyorchese.
Le statuette esposte alla Dalton Somaré appartengono per lo più ai periodi dell'arte africana che vanno dalla fine dell'Ottocento agli anni tra le due Guerre Mondiali, ma vi sono esemplari risalenti al Sedicesimo secolo o addirittura a duemila anni fa, come la testa di dignitario in terracotta, trovata in Nigeria e custodita da un privato in Belgio. Quanto agli ignoti autori, la mostra ricostruisce un'interessante mappatura delle espressioni dei popoli Akan della Costa D'Avorio, del gusto e della cultura Youruba e delle esecuzioni Fang, Teke, Hemba e Bembe. Il valore delle singole opere parte da alcune migliaia di euro fino a toccare i 300mila euro. «Al di là di un discorso di mercato - evidenzia Vigorelli - si è voluto ricreare lo stesso approccio che un secolo fa permise a Picasso e ad altri avanguardisti di scoprire l'energia e la portata rivoluzionaria dell'arte primitiva. A noi, com'è stato per loro, interessa il valore polemico degli oggetti, la lezione delle forme, il rapporto tra vuoti e pieni, il realismo psicologico e il ritmo anticlassico delle geometrie. Purtroppo, la piazza di Milano deve ancora scontare un ritardo culturale nei confronti dell'arte del Continente Nero - ammette il curatore -.
Estetica Africana
fino al 22 dicembre
Galleria Dalton Somaré
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.