Agguato a Falluja, strage di marines: 10 morti

Una pattuglia Usa colpita dalla devastante esplosione di bombe d’artiglieria collegate insieme. Undici i feriti. Gli americani lanciano una nuova offensiva a Ramadi

Una pattuglia a piedi alle porte di Falluja. Due squadre di dodici uomini ciascuna allungate nell’oscurità. Mitragliatori spianati e visori notturni puntati su ogni lato. Marines in fila indiana, a più di dieci passi l’uno dall’altro, alternati sui due lati della strada. Un serpentone di mimetiche ed elmetti lungo 150 metri. Forse più. All’improvviso in mezzo a quel biscione uno sbuffo di fumo, un’esplosione, poi un’altra e un’altra ancora. Le bombe d’artiglieria collegate da un unico filo d’innesco esplodono lungo tutto il percorso della colonna. I marines cadono uno dopo l’altro. Come birilli. Quando la nube di polvere e fumo si risolleva il sentiero è una distesa di sangue e corpi smembrati. Tre fantasmi inebetiti si risollevano, raccolgono il fucile, corrono alla ricerca di un riparo. A terra undici uomini si muovono ancora, urlano disperati, invocano aiuto. Dieci divise riposano come sacchi vuoti nel fango e nella polvere. I primi elicotteri volteggiano nell’aria dieci minuti dopo. I blindati circondano la zona. Gli infermieri forniscono i primi soccorsi. Per quei dieci sacchi vuoti è già troppo tardi. Sette feriti si rialzano, s’arrampicano sulle humvee blindate. Quattro vengono stabilizzati e caricati sugli elicotteri.
Lo si temeva. Lo si immaginava. «Stanno rialzando la cresta, si stanno infiltrando di nuovo, bisogna tenere gli occhi aperti», spiegavano alla fine di ottobre i marines dell’Ottavo Combat team durante le pattuglie a piedi nel cuore di Falluja. Insomma si sapeva. A Falluja la calma non poteva durare. Già in quei giorni le jeep su cui ci muovevamo incoccavano un giorno sì e un giorno no in un ordigno esplosivo. Nessuno, però, s’attendeva un colpo così duro. Nessuno si aspettava una catena di bombe collegate l’una all’altra sul percorso di una pattuglia a piedi. Nessuno a Falluja era pronto alla perdita di 11 marines in un colpo solo. La zampata sferrata ieri dalla guerriglia è il colpo più duro inferto agli americani in quattro mesi. Il lutto più doloroso dopo la morte, ad agosto, di 14 marines dilaniati da un ordigno esploso sotto il loro mezzo anfibio.
Il massacro di Falluja è arrivato a poche ore dall’inizio di un’operazione nella zona di Ramadi condotta da 300 marines e duecento soldati iracheni. L’offensiva, la quinta in poche settimane, punta ufficialmente a ripulire Ramadi dalla presenza della guerriglia in vista delle elezioni del 15 dicembre. In verità rappresenta la risposta allo smacco propagandistico subito giovedì quando diverse decine di militanti di Al Qaida hanno occupato il centro della città aprendo il fuoco con i mortai contro il palazzo del governatore mentre era in corso un incontro tra i leader tribali della zona e gli ufficiali americani. Gli americani la definiscono una scaramuccia, ma non possono negare la sortita confermata da immagini televisive e dai poster di al Qaida affissi ai muri delle case.
E un’analisi dell’Istituto di studi di Washington per il Medio Oriente disegna scenari ancora più cupi.

Secondo il documento la guerriglia riesce a mantenere le sue capacità offensive mobilitando solo una limitata parte della popolazione con esperienza militare. Mobilitando anche il potenziale inutilizzato potrebbe – secondo il rapporto - «incrementare notevolmente le sue capacità militari».

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