Cronaca locale

Aghina, l’uomo che farà riscoppiare il boom

Ricostruzione finita, benessere cominciato. L’Italia cominciava a tirare i remi in barca, dimenticando che raccoglieva i frutti dei sacrifici degli anni Trenta, Quaranta e Cinquanta. Era questo il clima della Milano degli anni Sessanta. Mezzo secolo dopo, nel 2009, il decennio finirà in una mostra ideata da Guido Aghina, cui il Comune ha conferito l’incarico di evocare echi del breve boom e della lunga «congiuntura»; boati di gioia delle prime Coppe dei campioni, ma boati di paura delle prime bombe alla Fiera campionaria; l’orgoglio ingenuo delle casette al mare e dei ponti festivi.
Qualcuno definisce «favolosi» gli anni Sessanta, perché ci fu - fra Cortina e Saint-Moritz, Santa Margherita e Forte dei Marmi - la «dolce vita», con tanti milanesi nei ruoli che Gigi Ballista e Guido Nicheli avrebbero portato nei film dei decenni seguenti. L’immagine femminile smetteva di essere quella rustica di Anna Magnani per diventare quella elegante di Paola Ruffo di Calabria, oggi regina dei belgi!
A Milano il buon gusto prendeva già allora un nome e tre cognomi: Jean Toschi Marazzani Visconti. Nel resto d’Italia e del mondo, Gualtiero Jacopetti con Mondo cane e Africa addio rinnovava talmente il cinema che oggi Michael Moore fa tuttora quel che allora faceva lui; e Tomaso Staiti, «terrore dei mariti», competeva in conquiste femminili con Gigi Rizzi, Beppe Piroddi e altri giovanotti «sfaccendati», come si sarebbe detto ancora ai tempi di Pio XII.
Già promotore - come assessore comunale alla Cultura nella giunta Tognoli - della mostra «Annitrenta» (1982), poi ideatore della mostra «Annicinquanta» (2002), Aghina prevede per la nuova rassegna sui Sessanta varie sezioni: «Costume, politica, società, musica, editoria, cinema teatro design...». E prevede una coproduzione con Palazzo reale, che sarà sede della mostra, e le edizioni Skirà, che ne pubblicheranno il catalogo.
Come ricorda Aghina (1944) quell’Italia? «Come un Paese gracile, che si cullò nell'ottimismo fra le Olimpiadi del 1960, apogeo nazionale, fino alla rivolte di categoria: quella studentesca del 1968 e a quella operaia del 1969». Intanto sta ultimando un’altra opera storica con Diana Georgiacodis: il libro Milano 1865-1915, che uscirà in primavera per Skirà.
Si dirà: c’è ancora bisogno di passato quando il presente è così triste e il futuro così incerto.

Forse sì: almeno al ricordo/risentimento si affiancherà un ricordo/sentimento.

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