Agnelli, la rivoluzione silenziosa di John

Agnelli, la rivoluzione silenziosa di John

di Pierluigi Bonora

A soli 35 anni è il consigliere anziano di Fiat Spa. John Elkann, infatti, siede nella stanza dei bottoni del Lingotto da quando aveva 21 anni. Il destino ha obbligato il nipote di Gianni Agnelli a crescere in fretta, come uomo e come erede: la prematura scomparsa del cugino Giovanni Alberto e la successiva designazione da parte del nonno a punta dell’iceberg dell’impero Agnelli, hanno portato John a bruciare i tempi e ad accumulare quell’esperienza gestionale che gli è valsa la nomina, nell’ambito del Campden family business, di più autorevole rappresentante europeo del capitalismo familiare. Con buona pace dei Peugeot, dei Wallenberg e di tanti altri.
Il giovane erede, da quando ha fatto proprie quasi tutte le presidenze possibili della galassia Agnelli (Fiat, Exor, accomandita; e prima che si fondessero, Ifil e Ifi) si è confermato uomo di poche parole ma di tanti fatti, molti dei quali sconosciuti al pubblico. Elkann, una volta ottenuti i pieni poteri a livello decisionale, non ci ha pensato due volte a rivoluzionare l’assetto degli interessi familiari. La parola d’ordine che guida il suo progetto è: semplificare. E così sta facendo e farà ancora. L’ultima mossa, arrivata prima di Natale, riguarda la vendita di un altro gioiellino di famiglia, Alpitour.
Semplificare, dunque, eliminando tutte quelle complessità che avrebbero potuto ostacolare le occasioni di business. Così, nel 2008, John ha deciso per le storiche Ifil e Ifi, fondendo le due holding in un unico soggetto: Exor. E così aveva caldeggiato in precedenza, con lo scopo di eliminare nella galassia Agnelli quei satelliti ormai divenuti l’uno il doppione dell’altro: parliamo di Worms, con le sue partecipazioni, ribattezzata Sequana, e della cassaforte lussemburghese Exor Group che, svuotata del suo ruolo, ha dato il nome alla holding (Exor) ora a monte di Fiat Spa e Fiat Industrial.
E se per Ifil e Ifi, Elkann si era adoperato per la fusione, il contrario è avvenuto nel caso di Fiat che, dall’inizio dell’anno, si è divisa in due: Fiat Spa e Fiat Industrial, consegnando all’amministratore delegato Sergio Marchionne due società libere di muoversi in autonomia e pronte a cogliere le opportunità più interessanti in termini di accordi e alleanze. Insomma, se prima, davanti ai mercati, un asset rischiava di soffocare l’altro, ora Fiat Spa e Fiat Industrial sono nelle condizioni di far emergere i rispettivi valori.
Il peso delle responsabilità e la coscienza di essere espressione di un folto gruppo di familiari (dalle sue decisioni derivano anche i loro guadagni), hanno profondamente cambiato Elkann. Decisivo, in questo senso, è stato anche il taglio del cordone ombelicale con il suo «maestro» Gianluigi Gabetti. Uscito di scena l’uomo di fiducia di nonno Gianni, John ha dovuto abituarsi a camminare sul filo senza una rete di protezione. E quando Marchionne, nel bel mezzo della bufera che stava spazzando via i colossi dell’auto americani, gli ha parlato dell’idea di acquisire la più piccola di esse, cioè, Chrysler, John ha accettato la sfida. Un’operazione del genere, giudicata all’epoca non a torto folle, implicava infatti il completo sostegno dell’azionista che, a sua volta, doveva poter contare sulla fiducia di tutta la famiglia. La scommessa è andata a buon fine. Chrysler ha ripreso forza e, addirittura, grazie al recente consolidamento, fa da traino a Fiat, piuttosto sofferente per il calo delle vendite di auto in Italia e in Europa.
I silenzi e la riservatezza in pubblico di John, hanno avuto come contraltare un grande attivismo sotto traccia. Disgrazie familiari e profonde crisi che hanno portato il gruppo Fiat sull’orlo del baratro, hanno comunque dimostrato che nei momenti più duri gli Agnelli scommettono sempre su loro stessi, garantendo la continuità e la presa sul «gruppo» da parte della famiglia. È successo dopo la scomparsa di Giovanni Alberto (la designazione di John), alla morte di Gianni (l’aumento di capitale da 250 milioni, da cui è partita la ricostruzione della Fiat) e a quella del fratello Umberto (il «blocco» sull’aspirante presidente Giuseppe Morchio che la famiglia ha fatto).

E anche in questo caso, il giovanissimo John ci ha messo del suo: mentre a Torino, Gabetti e la famiglia preparavano l’incoronazione di Luca di Montezemolo presidente-traghettatore del Lingotto; a Ginevra, John era costretto a fumare la prima e unica sigaretta della sua vita, ma ne è valsa la pena: doveva convincere Marchionne a diventare ad della Fiat. Missione, alla fine, compiuta.

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