Agricoltori, allevatori e postini Il fascino discreto delle lobby

Da Roma a Bruxelles, così i gruppi di interesse strappano finanziamenti e sconti fiscali

da Roma

A Ginevra sull’agricoltura fallisce il negoziato sul commercio mondiale, a Roma il governo va sotto sulle bio-masse: prodotti di scarto delle lavorazioni agricole. È tornata la lobby agricola, quella che faceva e disfaceva governi nella prima Repubblica? Forse è presto per dirlo. Di certo, complici gli alti prezzi delle materie prime agricole, forse qualche pensiero espansivo il Palazzo dell’Agricoltura l’ha fatto.
«In effetti - spiega un dirigente di un’organizzazione agricola - nel mondo la lobby agricola, proprio per i livelli delle quotazioni, ha alzato la testa. Oltre alla vicenda del Wto, basta guardare cos’è successo in Argentina; con gli agricoltori che hanno costretto alla ritirata il presidente. Ma da noi, no. La lobby agricola non è più quella di una volta. La Federconsorzi non c’è più. Oggi per finanziare le iniziative bisogna accontentarsi dei 3,6 milioni di euro messi a disposizione dalla Commissione Ue a favore dei consumatori».
E per misurare il “peso” specifico dell’Agricoltura nel Palazzo della politica si aspetta la legge finanziaria, per vedere se vengono o meno confermate le agevolazioni già previste. E se ad Arcore si cena parlando del problema delle quote latte, un motivo ci sarà.
Forte o non forte, comunque, quell’emendamento sulle bio-masse al decreto milleproroghe (approvato ieri definitivamente dal Senato) un favore agli agricoltori lo fa. Eccome. Soprattutto da un punto di vista fiscale.
Grazie proprio a quell’aggiunta «combustibili sintetici», che altri non sono che le bio-masse, gli agricoltori che producono scarti di produzione quale additivo ai carburanti “verdi” possono contare su uno sconto dell’80% dell’accisa.
Non solo. Ma sempre grazie a quella “postilla” proposta dalla “democratica” Giuseppina Servodio e votata da mezza maggioranza della Commissione agricoltura “per errore”, il mondo agricolo che produce bio-masse può accedere ad un’accisa ridotta fino a un ammontare annuo massimo di 73 milioni di euro; e fino al 2011.
Senz’altro sarà come dice quel dirigente del mondo agricolo («la lobby agricola è forte, ma non in Italia»), ma quell’emendamento che ha mandato sotto il governo non ha rappresentato certo un danno per le campagne.
Quella del mondo agricolo, però, non è l’unica lobby che ha lasciato il segno in questo scampolo di manovra economica. Basta osservare quel che è successo per i precari delle Poste.
L’emendamento al decreto sulla manovra è stato scritto in modo eccessivamente estensivo alla Camera; e ora al Senato la maggioranza è intervenuta per limitarlo esclusivamente ai lavoratori assunti con contratti atipici. E nella sostanza, a solo uso e consumo dell’azienda guidata da Massimo Sarmi.
Fra l’altro, per quelli che avevano già vinto un grado di giudizio i sindacati avevano già raggiunto un accordo con l’azienda per trasformare il loro contratto di lavoro a tempo indeterminato.


Una sanatoria determinata dalla circostanza che negli anni passati (appena trasformate le Poste in Spa) gli organici dell’azienda si sono gonfiati di lavoratori “atipici”; e questi hanno avuto facile gioco a chiedere davanti al giudice del lavoro (e a vederselo riconosciuto) il diritto a un contratto a tempo indeterminato. E chissà quanti altri casi di assalti alla diligenza (oltre ai due citati) ci sarebbero stati se Tremonti non avesse scelto di anticipare la manovra triennale a prima dell’estate.

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