Ai corsi di autodifesa la borsetta diventa un’arma

Francesca Viacava è una psicologa, e nel suo studio sono passate tante storie di donne aggredite. Fin troppe volte si è chiesta: «Perché non insegnare come prevenire le aggressioni e difendersi? I corsi di autodifesa sono sempre organizzati da uomini: ma loro sanno come si sente una donna?». Così nasce «Contromossa», corso per «valorizzare il punto di forza di ogni donna» con esercizio fisico e supporto psicologico. Un supporto non indifferente in un periodo in cui gli episodi di violenza sembrano essere all’ordine del giorno. In più, Contromossa è pensato dalle donne e per le donne. Insieme a Francesca ci sono Giovanna Citrelli, insegnante di educazione fisica, Gioia Aloisi e Monica Gorini, docenti di laboratori percettivi e Patrizia Martini, maestra di karate. Giovanna, anche lei maestra di karate, ha portato il corso nella scuola media in cui lavora, la Tabacchi, in zona Bocconi. Tutte hanno avuto almeno un’esperienza di scippo, ma sono riuscite a reagire, recuperando persino i portafogli. Come? «La nostra paura rende forte l’aggressore. Si deve sempre ostentare sicurezza, e prenderlo alla sprovvista». E se siamo alle strette? «La regola è non urlare mai “Aiuto“, ma “Al fuoco!“, solo così si ottiene attenzione».
Arriviamo al corso e ci troviamo in cerchio insieme a una quindicina di altre donne, tutte fra i 30 e i 50 (la fascia d’età delle organizzatrici, per contattarle: 333. 9880212, edu-art@libero.it). Dopo un percorso che insegna a respirare nel modo giusto (cosa fondamentale, perché quando si ha paura si trattiene il respiro), Gioia ci mostra come affinare i sensi. «Dovete osservare tutto ciò che vi circonda, prima di tutto le persone: in faccia, ma anche dalla vita in giù». È qui che si nascondono le insidie: coltelli, pistole, e la cintura, che si può trasformare in un’arma. I segnali sono tanti. Anelli come armi, lo sguardo sfuggente come biglietto da visita del maniaco. «Non girate mai per le strade distratte, o con l’iPod nelle orecchie, perché il malintenzionato sceglie la sua vittima in base ai segnali che gli manda». E se è lui a coglierci di sorpresa? Giovanna simula una serie di situazioni pericolose e ci divide in gruppi. La prima prova è la stretta da dietro dell’aggressore. Daniela segue le istruzioni riesce a liberarsi: abbassa il baricentro, piega le gambe, si gira e colpisce. Marco e Niccolò, istruttori di karate (sono i due «bersagli» maschili del corso), simulano altre situazioni: Niccolò blocca Genny prendendola per un braccio: «Non usare la forza. Ruota il baricentro e di conseguenza il braccio». La mossa giusta, ruotare la parte inferiore del corpo e dargli un calcio e una gomitata guardandolo negli occhi, sembra facile ma noi riusciamo a colpirlo solo dopo vari tentativi.


Prima di ricaricare il corpo con le energie perdute, Giovanna ci mostra come evitare lo scippo. La borsa? «Va tenuta a tracolla, ben salda sotto il braccio». Qualcuno tenta di portarcela via? «Reagiamo ruotando il busto: così la borsa diventa un’arma. Ma se è pericoloso, lasciamogliela!».

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