Ai mondiali di Istanbul il festival delle donne

È stato il festival delle donne. Hanno colpito e qualche volta affondato il narcisismo che domina i maschi dell’atletica. Sì, i mondiali indoor di Istanbul hanno fatto nascere qualche idea con vista olimpica. Metteteci il sorriso ritrovato di Yelena Isimbayeva, tornata a vincere (m.4,80) e di nuovo spinta all’idea di un record del mondo dell’asta (ha fallito i 5,02). Una liberazione dopo la grande depressione, ha raccontato lei. «Ho atteso questa vittoria come una mamma attende il primo figlio». Non dimenticate la solita stratosferica corsa ad ostacoli dell’australiana Sally Pearson (a un niente dal mondiale dei 60 hs), i 40 anni festeggiati da Yamilè Aldama, la cubana-inglese (dopo un passaggio al Sudan) rispuntata nel triplo in omaggio a una vita che si era fatta grama: pochi danari e un marito in galera. Sono stati i mondiali delle mamme dell’alto: l’americana Howard Lowe che ha vinto e la russa Chicherova, finita a muso lungo e costretta a scambiarsi sorrisi con la svedese Jungmark e Antonietta Di Martino, che mamma non è e si domanda: «Ma come fate? O avete mariti santi o un sacco di soldi da spendere in baby sitter».
Non si è smentita la zarina giamaicana Veronica Campbell Brown nei 60 metri (7”01): due mondiali consecutivi indoor non è da tutti e, dietro di lei, la prima medaglia per la Costa d’Avorio: chiamatela Murielle Ahoure. Costa D’Avorio e Costa Rica sono entrate nel mappamondo dell’atletica che conta. Mai dire mai alle sorprese di un mondo sempre più largo e sempre più difficile da sottomettere alle grandi potenze.
E come dimenticare le braccia di Sanya Richards ricoperte di seta azzurra, secondo antico vezzo femminile? Un vezzo che le ha portato bene nei 400 metri, ma che sarà apparso una maledizione quando ha perso, spalla a spalla, l’ultima volata nella staffetta 4x400 vinta per la prima volta (!) dalle inglesi. L’americana Brittney Reese ha cavato un 7,23 dal salto in lungo come non capitava dalla notte dei tempi(11 anni): quarto oro tra indoor e outdoor e il terzo posto fra le lunghiste indoor di sempre.
Il mondiale indoor chiude così con qualche appunto per gli uomini: il ritorno di Gatlin, la prima vittoria dell’etiope Amman negli 800 m., il poderoso rush di Lagat nei 3000 m., l’oro di Brenes, il ragazzo di Costarica coi 400 metri. Gli Stati Uniti si confermano mattatori, con ben 17 medaglie: nove ori, l’ultimo quello di Andres Merritt nei 60 ostacoli che ha fatto sbiancare il cinese Xiang Liu. La Gran Bretagna (8 podi, 2 titoli) evidenzia la crescita preolimpica. La Russia è solida come squadra (2ª nella classifica a punti) ma ha chiuso solo con l’oro della Isimbayeva. Mondi nuovi che s’affacciano, vecchie glorie che ansimano: la Germania rimasta a zero ori, Cuba sotto zero in attesa dei Giochi.
Si chiude con un pizzico di rammarico per l’Italia. L’argento della Di Martino è il solito miracoloso raccolto di nostra Signora dell’atletica. Stavolta poteva farcela Fabrizio Donato nel triplo, ma al terzo salto si è imbizzarrito il muscolo dietro la coscia. Donato aveva saltato 17,28, in quel momento valeva il secondo posto. «È proprio vero che se la fortuna è cieca, la sfiga ci vede benissimo», è stato il commento realisticamente sintetico. Donato non ha più saltato ed è finito al 4° posto. Quinto l’altro azzurro Greco, che lo ha raggiunto a m.17,28. Titolo al sorprendente americano Claye (17,70), davanti al connazionale Taylor, (17,63) e al russo Adams (17,36). Abate nei 60 ostacoli ha riportato l’Italia ad una finale ma si è battuto in retrovia: troppo forti gli altri.

Però l'argento della Di Martino riporta gli azzurri nel medagliere, dopo il zero all’attivo nelle edizioni di Valencia 2008 e Doha 2010. I quattro finalisti mettono insieme 19 punti, che sono il miglior risultato dall'edizione di Lisbona 2001 (20 punti). Non c’è da stare allegri, ma almeno un po’ meno depressi.

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