«Ai moralisti consiglio la Corea del Nord»

Messori: «Queste battaglie sono solo demagogiche. E sono gli stessi che si lamentano quando le fabbriche chiudono »

Eleonora Barbieri

da Milano

«È una battaglia persa, oltre che moralista. Il consumismo è una tendenza con cui bisogna fare i conti: la nostra società è basata anche su ciò che un moralista considera degli sprechi». Per Vittorio Messori, «moralismo» e «pauperismo» sono due tentazioni da cui è meglio tenersi lontani. Anche sotto Natale.
Perché questa «battaglia»?
«La storia si ripete: nell’Ottocento c’era una Lega per la difesa della domenica, che tutelava il riposo dei commessi. Era un modo per difendere la sacralità del giorno. Oggi, con tutto il rispetto, è un tentativo demagogico: sono le solite sparate contro il consumismo, e a favore di un certo pauperismo. E le stesse persone poi tuonano contro le fabbriche, quando chiudono lasciando a casa gli operai. Se si seguissero questi inviti, l’economia non girerebbe più».
È solo un problema economico?
«Dire che il Natale sia ridotto a una festa di consumi è ormai una banalità. Tali invettive non fanno i conti con la realtà mondiale, che è basata sul consumo».
Lo shopping è così negativo?
«Qualche volta sono stato in un centro commerciale di domenica: per molte famiglie è una delle poche occasioni per stare insieme. L’ideale, certo, sarebbe di non avere solo quello, ma i fenomeni sociali non si contrastano con esortazioni e discorsi. E poi la chiesa stessa, ammettendo la Messa al sabato, ha tolto centralità alla domenica. Perché l’ha fatto? Per venire incontro a un bisogno consumistico, quello di chi trascorre la domenica al mare o in montagna».
Un Natale senza regali non sarebbe triste?
«È giusto concedersi qualcosa in più: anche nell’antichità, il Natale era una festa. Gli anziani ricordano che, anni fa, i mandarini, le banane o la frutta secca erano un lusso riservato al Natale. In tutte le regioni d’Italia c’erano menu speciali: in Emilia, ad esempio, c’erano i tortellini, un piatto ricco per l’epoca».
Perché queste critiche allora?
«Abbiamo esagerato, anche con gli sprechi.

Ma fra la città mercato dell’Occidente e la Corea del Nord, io scelgo sicuramente la prima. I preti moralisti e pauperisti possono andare a consolarsi là, con il ritratto del caro leader: sicuramente sarebbe un Natale molto austero».

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