Alba, la bruttina più ricercata dal cinema d’autore

Nuda nel nuovo film di Soldini, è passata a ruoli da protagonista recitando anche per Avati e Diritti. La vedremo presto nella Solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo

Alba, la bruttina più ricercata dal cinema d’autore

Roma - Mentre negli Usa le attrici belle devono imbruttirsi, per dimostrare di valere qualcosa, oltre l’aspetto - è il caso della sudafricana bianca Charlize Theron e dell’americana nera Halle Berry, entrambe premi Oscar, l’una con Monster, l’altra con Monster’s Ball e il mostro c’entra, eccome - da noi c’è chi parte avvantaggiata. Come Alba Rohrwacher, la cui carriera riassume un proverbio: la bella si pretende e la brutta si marita. Non rientra, infatti, nel novero delle bellezze da grande schermo l’interprete trentenne, che ha scalato i gradini del mestiere, partendo da ruoli minori, per poi arrivare in cima allo star system. E sempre, comunque, diretta da autori di nome, se non d’importanza: si va da Carlo Mazzacurati (L’amore ritrovato, 2004) a Pupi Avati (Il papà di Giovanna, 2008), passando per Luca Guadagnino (Io sono l’amore) e Giorgio Diritti (L’uomo che verrà, 2009). Adesso, poi, che l’attrice fiorentina, d’origine tedesca, sbarca al cinema tutta nuda, con la commedia drammatica di Silvio Soldini Cosavogliodipiù (per charme, il titolo è tutto attaccato ed esce venerdì), l’Alba è arrivata. Nel senso che, finalmente, si cava lo sfizio al quale, prima o poi, pensano anche le belle-e-impegnate: recitare svestite. Mica si deve, per forza, essere sexy come Isabella Ferrari, che in Caos calmo (dove, pure, la Rohrwacher interpretava una piccola parte) gradiva senza tabù le focose attenzioni di Nanni Moretti. Se il fisico non assiste, si può anche ingrassare una decina di chili, farsi bionde, mettersi lo smalto rosso sulle unghie corte, aumentarsi il seno di qualche taglia e via, come mamma t’ha fatta e come ha fatto la Rohrwacher in Cosavogliodipiù. Un’impiegata di concetto che, nella Milano d’oggi, riesce a sedurre un cameriere calabrese sposato e padre di due figli, qualche numero ce l’ha. Se questo cameriere si chiama Pierfrancesco Favino, è moro, prestante e desidera Anna, una tizia qualunque d’un ufficio qualunque, siamo a una svolta. È segno che, quando un’attrice è brava, può permettersi un confronto a luci rosse, col macho nel motel (i soldi, nel film, circolano poco, quindi una stanza per due, a 50 euro per quattro ore va bene). «Ho superato la difficoltà del girare scene di sesso, grazie alla fiducia di chi ha lavorato con me: lo sguardo di chi hai intorno è determinante. Sul set c’era rispetto per i nostri corpi, le nostre insicurezze, i nostri difetti. Liberi, perché non giudicati, non siamo stati castrati dagli altrui imbarazzi», spiega la protagonista, shooting star a Berlino, dov’è di casa e dove ha presentato, al Filmfest, il suo secondo lavoro con Soldini (dopo Giorni e nuvole). E in Germania, tra i boschi della Turingia e nelle città di Jena ed Erfurt, la Rohrwacher, perfetta germanofona, dato il padre di Dresda, ha girato La solitudine dei numeri primi, film di Saverio Costanzo, tratto dall’omonimo best-seller di Paolo Giordano (Mondadori), qui pure sceneggiatore, insieme al regista. Ancora una volta protagonista, nei panni di Alice, ragazza sensibile la cui storia s’intreccia di continuo con quella di Mattia (il bravo attore di teatro Luca Marinelli, qui figlio di Isabella Rossellini), Alba ha dovuto dimagrire parecchio, assecondando Costanzo junior, che l’ha voluta dimessa e vestita di grigio, sullo sfondo blu della mensa Carl Zeiss. Probabilmente pronto per Venezia («dato quello che succede al festival, stiamo un po’ a vedere cosa accade», scandisce Claudio Trionfera della Medusa, che coproduce, distribuendolo, questo film da 4,8 milioni di euro, insieme a Mario Gianani, Philipp Kreuzer, la Bavaria Pictures, Les Films des Tournelles, Eurimages e alla Commissione Torino Piemonte, nonché con l’appoggio della tedesca Mdm, sponsor con 250mila euro), La solitudine dei numeri primi, ora al montaggio, assicura un lancio internazionale alla Rohrwacher.

Che dopo la moglie abbandonata di Riprendimi, sensibile film di Anna Negri e la folle Giovanna di Avati, si gode un po’ di sesso (per fiction), la mano di Favino abbandonata tra le sue cosce senza cellulite. E dice qualcosa di saggio: «Il lavoro dell’attore è un lavoro. Bisogna saper mettere le distanze, se no, tra quattro film, sono morta». Fossero tutte come lei.

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