Albaro, Carignano e Castelletto: così si «suicidano» i moderati

Albaro, Carignano e Castelletto: così si «suicidano» i moderati

(...) e convinte delle proprie ragioni, ma non votate al suicidio del centrodestra, hanno messo da parte le risse e lavorato per finire il mandato. Nonostante tutto. E senza fare regali alle sinistre.
Il caso del Levante e del Centro-Est, fra l’altro, è particolarmente grave perché si tratta di Municipi di frontiera, dove pochi voti fanno pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra. E solo le candidature a presidenti di personaggi davvero moderati, credibili e forti di un seguito nei rispettivi quartieri, hanno permesso di conquistare dopo un mandato di guida progressista. Anzi, c’è di più: andando a vedere l’andamento storico di questi Municipi, c’è quasi una legge della bilancia, per cui una volta vince la destra e quella dopo la sinistra, con una perfetta alternanza.
Cosa significa questo? Che una coalizione ben accorta fa di tutto per conservarne la guida, sapendo che è facilissimo perderla. L’esatto contrario di quanto avviene nel centrodestra genovese (e, a volte, anche nel centrosinistra, ma questa è un’altra storia, che oggi non ci riguarda).
Così, nel Centro-Est, abbiamo assistito all’assurdo di due ottimi presidenti come il biasottiano Aldo Siri ed Enrico Cimaschi di Liguria Moderata che sono caduti uno dopo l’altro e che, di fronte agli attacchi della loro stessa maggioranza, sono stati come d’autunno sugli alberi le foglie. Caduti.
Risultato: l’attuale presidente Razeti è un piddino ortodosso, il centrodestra sta all’opposizione e Centro, Carignano, Castelletto, Lagaccio e Oregina sono tornati in mano alla sinistra e ai suoi aedi. Geniale trovata.
A un certo punto, a dire il vero, il capogruppo pidiellino Luciano Gandini aveva trovato anche un’ottima via d’uscita: una giunta che comprendesse tutti, al grido di «i buchi nei marciapiedi non hanno colore». Ma Lega e Pdl - persino il nostro amico Roberto Cassinelli che continuo a ritenere er mejo fico der bigonchio, il migliore del mazzo - hanno insistito sulla linea dell’essere durissimi, purissimi e levissimi. Con il bel risultato di non governare insieme al Pd, ma in compenso di far governare solo il Pd e i suoi alleati. Ed è surreale che alcuni dei più puri e duri e lievi nel dire che non si poteva governare un Municipio in nome delle buche nei marciapiedi e nelle strade con «i komunisti», ora con quegli stessi «komunisti» ci governano il Paese. Il valore sta nell’essere coerenti. Tutto qui.
Insomma, prima Siri e poi Cimaschi sono stati ottimi presidenti, sacrificati sull’altare della politica nazionale, senza che fosse necessario per i problemi dei vicoli, di Carignano o di Castelletto. Geniale.
Ma, se possibile, quello che è successo ad Albaro, Foce e San Martino è ancora più grave. Perché questo è l’unico fortino del centrodestra a non essere mai crollato, nemmeno nei momenti peggiori del berlusconismo. Eppure, l’altra sera ce l’hanno fatta.
Da un lato, per l’errore strategico di Fabio Orengo di non dimettersi prima della sfiducia e del suo gesto nobile di andare a cercare una bella morte, sia pure giustificato dal fatto di sentirsi al centro di un attacco mediatico e giudiziario a suo parere immeritato, per le vicende dei furbetti del Provveditorato Regionale alle Opere Pubbliche. Siamo garantisti per tutti e, a maggior ragione, per Orengo, il cui coinvolgimento in queste storiacce è tutto da dimostrare. Ma, dal punto di vista politico, è chiaro che le dimissioni avrebbero stroncato ogni speculazione di nemici interni ed esterni.
Soprattutto, fra i voti contrari, capisco quello di Anna Palmieri, fedelissima di Pasquale Ottonello, che con Orengo non ci ha mai acchiappato più di tanto e capisco anche quello di un battitore libero come Beppe Damasio, che aveva sollevato alcune criticità anche su queste pagine, ma tutte politiche, non legate agli sviluppi giudiziari giorno per giorno.
Capisco meno, invece, i voti dei mussiani de «L’altra Genova», dando attenuanti solo a Stefano Costa, che avrebbe meritato molto di più ed è stato ingiustamente accantonato dal Pdl e quindi aveva tutto il diritto di avere il dente avvelenato nei confronti dei suoi ex compagni di strada.


Ma, certo, il fatto che Musso e i suoi - dopo che il senatore leader è stato eletto in una lista bloccata sotto il simbolo «Berlusconi presidente» solo grazie all’indicazione dello stesso Berlusconi, di Claudio Scajola, di Roberto Cassinelli e di Franco Manzitti, per poi votare allegramente la sfiducia a Berlusconi - non aiuta la possibilità di accordi fra il senatore e il Pdl nemmeno al secondo turno delle comunali 2012.
Ma, fortunatamente, il popolo è più lungimirante e meno saccente dei suoi leader. O sedicenti tali.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica