«Ferrante camaleonte? Commenterò solo quando sarà candidato. Per ora ha dato soltanto la sua disponibilità a candidarsi. Vedremo dopo le primarie». Catenaccio e palla in corner, ma il sindaco Gabriele Albertini, almeno nella mimica, non riesce a nascondere un certo disappunto allindomani del doppio salto mortale del prefetto che in poche ore si è trasformato da rappresentante del governo in città ad ariete del centrosinistra per lassalto a Palazzo Marino. Dopo due mandati Albertini è per legge ineleggibile, ma non sembra dolersene. «Nove anni alla guida della seconda città italiana in cui ho lavorato 12 o 13 ore al giorno, attendo con una certa ansia la fine del mio turno di guardia». Inevitabile laccenno alla staffetta. E, non è un mistero, Albertini spera di lasciare con un baciamano. «Letizia Moratti si è presa una pausa di riflessione che credo vada rispettata. Affiancarla in campagna elettorale? Dipenderà dalle sue intenzioni e dalle sue volontà. Ma se mi sarà chiesto non mi sottrarrò». Polemica, invece, la replica a Bruno Ferrante che nel suo primo discorsetto elettorale ha già stillato un po di veleno («Milano ha bisogno di un modo nuovo di governare, di un governo più fresco che sappia esprimere capacità di dialogo, confronto e partecipazione»). «Quando sarà candidato e soprattutto quando e se sarà sindaco, lo potrà fare». E, per non perdere tempo, tra il taglio del nastro di fronte al nuovo pendolino e i commenti sul suo candidato successore, trova lattimo per tornare a occuparsi di cosa pubblica. Annunciando i prossimi passi per la cessione del 33 per cento di Sea, la società che gestisce gli aeroporti di Linate e Malpensa. «Finora ci sono state quattro manifestazioni di interesse. Aspettiamo fino al 12 dicembre per ricevere le offerte. I ricorsi? Abbiamo avuto otto processi penali e civili contro la ristrutturazione della Scala. Certo 600 milioni di euro sono un tale vantaggio per la collettività che in alcuni cè la volontà di utilizzare i mezzi della giurisdizione per impedire scelte politiche che non condividono. Oppure che ritengono tali da generare il consenso che impedirebbe loro di raggiungere quel ruolo di potere a cui aspirano».
Carica invece a testa bassa il suo vice. «Ferrante - attacca Riccardo De Corato - è stato un mediatore mediatico: ha aperto tavoli su tante tematiche, si è rapportato molto con la stampa e con le tivù, ma senza prendere nessuna decisione. Queste sono state prese a Palazzo Marino dalla giunta e dal sindaco». Per nulla spaventato Maurizio Bernardo.
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