Imparare a dire no. È questa la lezione più difficile da apprendere. Perché un conto è dire no a un genitore - facilissimo per un adolescente -, un altro è dire no al gruppo dei tuoi amici e non sentirti un paria da emarginare, uno sfigato che non sa stare al mondo. Imparare a dire «No grazie» quando il tuo amico ti offre un cuba libre e a te proprio non va, ma che accetti solo perché non sai come dirlo, imparare a dire «No» quando ti senti costretto a salire in auto anche se sai che il guidatore ha bevuto troppo, perché in certi casi è molto più facile dire sì e adeguarsi.
Sarà proprio su questo punto che si incentreranno le decine di incontri previsti dal prossimo settembre all’interno delle scuole, dei gruppi di boy-scout e anche negli oratori da parte degli operatori della Asl. Perché l’ordinanza del sindaco Moratti contro l’alcol «avrà effetti limitati. Poi occorrerà mettere in campo l’opera di prevenzione ed educazione». Parola di Riccardo Gatti, direttore del dipartimento Dipendenze dell’Asl di Milano, che per il prossimo anno scolastico promette: «Abbiamo sottoscritto un accordo con la Regione. Raddoppieremo i nostri interventi per raggiungere il maggior numero di ragazzini possibile. Andremo nelle scuole, ma anche negli oratori, nei gruppi dei boy scout e nel mondo del lavoro. L’ordinanza del sindaco è buona, ma io credo soprattutto nella rieducazione».
Dottor Gatti non è che queste lezioni su quanto male faccia l'alcol servano poco o niente?
«Verissimo, fatte con il metodo tradizionale non servono a niente. Si può mostrare un fegato spappolato dalla cirrosi epatica e non uno nella platea di ragazzi che si hanno di fronte resterà choccato o cambierà il suo atteggiamento. Noi abbiamo messo a punto un altro metodo che si basa sulla drammatizzazione delle situazioni».
In cosa consiste?
«Il problema maggiore per un giovane è saper dire no ai suoi amici senza per questo sentirsi discriminato o isolato dal gruppo. Noi insegniamo questo a rifiutare l’offerta e a proporre alternative. Insegniamo a dire no».
Esiste a Milano un’emergenza alcol per i giovanissimi?
«Purtroppo sì. Secondo i nostri studi il 30 per cento dei minorenni milanesi si è ubriacato almeno una volta nell'ultimo mese. Una percentuale che è altissima».
Da cosa dipende secondo lei?
«Dal fatto che i giovani usano l’alcol come la droga, bevono per uscire dalla realtà, per alterarsi in modo pesante. Ed è un cambiamento che gli educatori e i genitori non hanno afferrato. Non è più come una volta quando la sbronza la si prendeva magari quella volta che si usciva per la pizza di fine anno scolastico. Qui siamo di fronte a un consumo sistematico e differente. È un modo di bere che arriva dalle culture del Nord Europa: la globalizzazione c’è anche su questi temi».
L’ordinanza servirà a fermare il fenomeno?
«L’ordinanza serve a sensibilizzare più il mondo degli adulti che quello dei ragazzini, penso ai genitori, ma anche ai gestori dei locali. Anche loro devono assumersi la responsabilità di questo problema, anche andando contro gli interessi di un mercato che invece preme per il consumo».
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