nostro inviato a Mantova
Ecco un buon motivo per venire a Mantova. Vedere e sentire finalmente Alessandro Spina, lo scrittore fantasma, il Vecchio Leone della letteratura italiana. Un gigante della scrittura che pubblica per editori lillipuziani, che desta il mercato e dal mercato è detestato. La sua apparizione, la prima volta a un festival, è un evento: «Non ho mai amato comparire, neppure da giovane. Si immagini oggi che ho 84 anni. Non ho mai creduto nella presenza dellautore, ma solo nel suo lavoro, nei libri. Mantova? Non lho cercato, mi hanno inviato. E poi, cosa vuole, dietro a ogni autore cè sempre...». Un po di vanità? «No, un editore che ti spinge ad andarci». E Spina ci verrà. Con una presenza defilata come tutta la sua vita e la sua opera: domenica pomeriggio tardi, penultimo incontro del festival.
Straniero in patria, estraneo allintellighentia e ai salotti italiani, Spina non ha mai parlato di sé «Lei mi fa le domande, io mi riservo di non rispondere, però lasciamo fuori la biografia e i pettegolezzi» - ma si sa che il suo è uno pseudonimo, che si chiama B*** K***, nato a Bengasi, nella Cirenaica italiana, cresciuto in Italia dove tornò nel 40, e poi per 26 anni dirigente dindustria ancora in Libia «Ero un uomo daffari bravissimo, davvero, oggi non so più fare due più due» dove rimane fino al 79: «Ho vissuto in Libia sotto re Idris, che non fu affatto un tiranno, e sotto Gheddafi: i primi anni furono abbastanza tranquilli, poi iniziò il periodo terribile, e me ne andai. Se mi manca la Libia? Sì, ma senza piagnistei». Quindi lItalia, Brescia e la Franciacorta, dove vive, scrive e pubblica pochissimo - per Ares e Morcelliana. «Cosa significa dire che sono uno scrittore cattolico? Nulla. Sono scrittore e basta. Semmai una parte del mondo cattolico si è sentita in sintonia con il mio lavoro, cosa che mi fa piacere. Sui boicottaggi di tutti gli altri, invece, non apro neppure il dossier». Spina non scrive libri. Ha scritto e continua a riscrivere ununica opera africana: nel 2006 Morcelliana ha raccolto il suo lavoro in una sorta di «Meridiano» dal titolo I confini dellombra, una «commedia umana» in terra doltremare in 11 libri, fra romanzi e racconti, a cui ha lavorato sin dal 54 e che narra le vicende della colonizzazione italiana in Libia, gli anni del dopoguerra e litinerario di un europeo in Oriente.
La brochure del festival, per presentarlo, ha usato una vecchia frase di Claudio Magris, suo fan letterario: «Alessandro Spina è inclassificabile dal punto di vista delle correnti e categorie culturali». Spina è quello che dovrebbe essere ogni scrittore: un irregolare. «Mi dà i nervi la smania di collocare sempre un autore in un gruppo, affiliarlo a una scuola, trovargli dei maestri. Così come detesto chi scrive o pubblica per compiacere il pubblico, per dare al lettore quello che crede il lettore voglia... facendo così si scrive alla Cassola». Spina, che ha diviso pensieri, lettere, libri e parole con Elémire Zolla, Vanni Scheiwiller e Cristina Campo («la nostra amicizia è stata la cosa più importante della mia vita»), scrive per chi ritiene affine a se stesso: «Ridendo, ma non troppo, le dico che nella mia biblioteca, divisa nelle varie letterature del mondo, i miei libri non li tengo nella sezione italiana, ma in quella tedesca, come scolaretti obbedienti tra maestri come Thomas Mann e Robert Musil». Avvezzo per una vita più alle piazze di Bengasi e alle oasi nel deserto che ai premi letterari e alle terrazze romane, forse lunico «intellettuale» italiano a non aver mai avuto, né visto la televisione, Spina da tempo ha dato anche un taglio netto alla letteratura italiana: «Io sono del 27, e ormai di tutti quelli più giovani di me non leggo nulla: dopo Bassani, non seguo più nessuno, non ho opinioni sui giovani autori. Leggo e rileggo Svevo e Tomasi di Lampedusa. I veri romanzieri della storia letteraria italiana sono rarissimi. Il romanzo è il genere più alla moda e pubblicato, tutti scrivono romanzi, ma nessuno ne capisce la natura. Come quei giornalisti che buttano giù due cartelle e poi le pompano fino a farle diventare 200 pagine e tirano fuori un romanzo... Non sono romanzieri, è gente che affastella pagine. Poi cè chi li difende e parla di invenzione stilistica. Ma dove si va con linvenzione stilistica? Dopo dieci pagine non se ne può più. Sono moine, smorfie. Da lì a poco diventano illeggibili. Ma qualcuno riuscirebbe a rileggere i primi romanzi di Pasolini? E gli autori di oggi sono ancora più modesti». E allora cosè il romanzo? «È metamorfosi. È la capacità di far cambiare la storia e i personaggi dentro le pagine, creando un racconto inesauribile... Pensi a Balzac e capirà cosè il romanzo».
Isolato e respingente, Spina con la modernità, la piazza, i festival, i bestseller, non
centra nulla. Finirà con laver successo. «Cosè il successo? Non lo so. Non scrivo per loggi. E mi creda, neppure per i posteri. Scrivo gli ascendenti. Per coloro che mi hanno preceduto, come i miei maestri tedeschi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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