RomaVia libera pieno al governo Monti, esecutivo senza data di scadenza prefissata. Un auspicio: la presenza nella squadra di Gianni Letta. E un monito, che «gli impegni assunti con l’Europa rappresentino il caposaldo» dell’attività della nuova compagine chiamata a guidare l’Italia.
È questa la sostanza delle consultazioni del Pdl con il premier incaricato Mario Monti. Due ore di colloquio al termine delle quali Angelino Alfano annuncia alla stampa: «Pensiamo che il tentativo del professor Monti sia destinato al buon esito». Poi su Twitter ribadisce: «Con Monti è andata bene». Una sensazione positiva dovuta anche alle aperture su una possibile presenza di Gianni Letta nel nuovo esecutivo. Una vicenda su cui il segretario del Pdl torna in serata, alla presentazione del libro di Bruno Vespa. «È una prerogativa che spetta al premier incaricato e a Napolitano che firma il decreto. Se posso dare un consiglio spassionato a Monti - e so che lui lo condivide - io non mi priverei mai di una persona come Gianni Letta che ha un così alto senso delle istituzioni, serietà personale e conoscenza dei problemi».
L’ufficializzazione della posizione di Via dell’Umiltà fa scattare la reazione della Lega che annuncia il divorzio dall’alleato con cui ha condiviso l’avventura di governo. Ma se la scelta del Carroccio era annunciata e prevista, restano oscuri i contraccolpi dentro il Pdl. Non è certo passata inosservata la dichiarazione di Ignazio La Russa: «Credo sia giusto tornare alle urne un minuto dopo la fine dell’emergenza». Il segnale di un malumore che continua ad albergare forte tra i parlamentari, in almeno un terzo della compagine azzurra alla Camera e al Senato.
Dentro il Pdl i dirigenti sanno bene che il «novembre nero» dell’esecutivo potrebbe rischiare di incrinare l’operazione di consolidamento delle fondamenta del partito. Lo choc da fine corsa, il timore di un clima da liberi tutti, il possibile contraccolpo da governo tecnico, non è ancora rientrato e la possibilità di ulteriori fughe verso l’Udc e verso la Lega esiste e nessuno lo nasconde. «È una situazione inedita e complicata» ammette un dirigente del partito. «Il timore che si blocchi o rallenti la macchina dei congressi c’è tutto, così come la possibilità di nuovi cambi di casacca. Dobbiamo aspettare che si stabilizzi il quadro e poi mettere in campo contromisure serie. Berlusconi dovrà riprendere in mano la partita e lavorare per ridare entusiasmo».
«Ci chiedono gesti clamorosi» racconta Stefano Saglia. «Dopo l’iniziale rassegnazione ora sta salendo la rabbia per quello che è stato vissuto come un tradimento della volontà popolare. Inoltre tra gli amministratori locali c’è preoccupazione per la tenuta delle alleanze con la Lega». Le variabili, d’altra parte, sono molte. C’è Gianfranco Miccichè che sta strutturando il suo partito. Claudio Scajola che vuole giocare la propria partita dall’interno. Ma anche gli ex Dc Saverio Romano e Gianfranco Rotondi che hanno assunto una posizione dura contro il governo Monti, continuano a chiedere a gran voce le elezioni e potrebbero fare da polo di attrazione per gli scontenti in Parlamento.
C’è, però, anche un’altra faccia della medaglia. Di fronte a questo scenario complicato, nel Pdl si prende atto con soddisfazione che lo «scippo» di Palazzo Chigi sta avendo un effetto positivo sugli umori dell’elettorato. «Berlusconi sarà in scena finché avrà i voti da protagonista. Dopo la manifestazione di sabato il suo consenso è salito di 6 punti» dice Alfano. «Sono arrivate migliaia di mail per chiedere al leader del Pdl di andare avanti e resistere. Il popolo è con Berlusconi» aggiunge Mario Mantovani, coordinatore lombardo del Pdl. E nelle ultime ore ci sarebbero state anche nuove sottoscrizioni di tessere del partito.
«In tanti ci chiedono di andare in piazza» racconta Antonio Palmieri. «C’è rabbia ma anche voglia di impegnarsi e l’orgoglio di chi non vuole farsi calpestare. E in tanti vogliono urlare che questa esperienza non è stata una parentesi da cancellare e spazzare via».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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