Alfano: «I boss moriranno in cella e poveri»

RomaAngelino Alfano è nato ad Agrigento, nell’ottobre del 1970. È cresciuto nell’isola della mafia. Nella sua vita e nella sua carriera politica ha dovuto scontrarsi spesso con questa realtà. Ed ora che è ministro della Giustizia alla lotta contro la criminalità organizzata tiene più di ogni altra. È una priorità del governo, ripete continuamente.
Al convegno organizzato dal Pdl veneto a Cortina d’Ampezzo usa parole crude. «Noi abbiamo reso durissimo il carcere duro. E nel carcere duro ci stanno tutti i boss che le fiction e i tg hanno reso famosi. Tutti stanno al carcere duro e quegli ergastoli noi non li intiepidiremo mai e moriranno là, poveri perché gli abbiamo anche sequestrato i beni».
Il Guardasigilli parla di uno dei più importanti provvedimenti del governo nella lotta alla mafia, l’irrigidimento del 41 bis, il regime speciale che oggi riguarda 681 detenuti, comprese 3 donne. E dell’altro pilastro, l’impulso dato al sequestro e alla confisca dei beni delle mafie che, precisa il ministro dell’Interno Roberto Maroni, ha raggiunto quota 16 miliardi di euro. Denaro, sottolinea Alfano, incamerato dallo Stato per finanziare i ministeri dell’Interno e della Giustizia, «facendo funzionare meglio l’apparato repressivo contro Cosa nostra».
Gli interventi dei due ministri arrivano a pochi giorni dall’esplosione del caso di Giovanni Brusca, l’ex boss pentito che dall’ergastolo avrebbe continuato ad accumulare e gestire un «tesoro» segreto. Ora è indagato per riciclaggio, fittizia intestazione di beni e tentata estorsione e si sta rivedendo la sua posizione nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Il governo, in questo momento, ci tiene a ribadire la sua linea dura.
Solo qualche settimana fa, a Palermo, Maroni ha ripetuto con orgoglio le cifre della battaglia contro la criminalità organizzata. In media, ha detto, sono stati catturati 8 mafiosi al giorno e un superlatitante al mese. Tra maggio 2008 e 31 luglio 2010 sono stati 6.433 i mafiosi arrestati e 26 dei 30 latitanti più pericolosi. Alle cosche sono stati inoltre sottratti 32.799 beni, per un valore di quasi 15 miliardi di euro (tra sequestri e confische).
Nel Fondo unico giustizia, al primo settembre di quest’anno risultano risorse per un valore di 2 miliardi e 200 milioni di euro, recuperati e immediatamente riutilizzabili. Quanto ai titoli sequestrati, la legge di recente approvata in parlamento permette di venderli. Pochi giorni fa, alla Camera, il ministro dell’Interno ha detto che queste risorse straordinarie tolte alla mafia possono arrivare a 2 miliardi e e mezzo per la fine dell’anno e nei primi mesi del 2011 verranno suddivise tra ministeri dell’Interno, della Giustizia e dell’Economia, per compensare le riduzioni di stanziamenti e aumentare i fondi a disposizione delle forze dell’ordine.
Proprio ieri Maroni ha compiuto un altro di quegli atti simbolici che in questi mesi ripete sempre più spesso: ha partecipato all’inaugurazione di un nuovo asilo nel Varesotto, a Lonate Ceppino, nato in una villa confiscata alla mafia.
«Questo asilo - ha detto il ministro- è uno degli oltre 15mila beni che sono stati sequestrati e confiscati in questi due anni, per un controvalore di oltre 16 miliardi di euro. Il nostro obiettivo è di mettere a disposizione degli enti locali il bene confiscato e per questo abbiamo creato un’Agenzia nazionale. Vogliamo valorizzare il bene sottratto alla mafia, metterlo a disposizione dei cittadini e far vedere che lo Stato c’è e che va sempre fino in fondo».
Il piano straordinario contro la mafia è stato presentato a gennaio, durante il Consiglio dei ministri straordinario tenutosi a Reggio Calabria. È passato in parlamento con il voto unanime di tutti i partiti e fra le misure previste c’era proprio la creazione dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati. Sede principale nel capoluogo calabro. Una scelta precisa, per sottolineare l’impegno contro la n’drangheta, mafia potentissima ma silenziosa e per questo particolarmente pericolosa.

A Roma è stata aperta una seconda sede e Maroni annuncia ora che ne seguiranno altre a Palermo, a Napoli e anche a Milano. «Perché la Lombardia - spiega il ministro - è la quarta regione come numero complessivo di beni sequestrati alla criminalità organizzata».

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