Algeria, guerra al proselitismo religioso

Algeri. Decisa a difendere l’Islam, la religione di Stato, l’Algeria dichiara guerra al proselitismo religioso e vara una legge che prevede la prigione da due a cinque anni accompagnata da multe fino a 10mila euro, per chiunque tenti «di convertire un musulmano ad un’altra religione, costringendolo o usando mezzi di seduzione». Una legge che era nell’aria da tempo, contestata da chi vi vede il pericolo di una deriva verso l’integralismo del Paese maghrebino che pure è considerato tra i più moderati in fatto di Islam, dettata probabilmente da motivi di politica interna. Il governo, che deve barcamenarsi nel difficile equilibrio tra le forze moderniste e la presenza di partiti espressione dell’Islam radicale che spingono verso una maggiore fedeltà all’ortodossia islamica e da anni reclamano misure contro l’evangelizzazione dei musulmani in Algeria, ha dovuto prendere posizione. Anche perché l’anno prossimo si terranno le elezioni legislative sulle quali puntano i partiti dell’Islam radicale che hanno già cominciato la campagna con operazioni giudicate preoccupanti dai difensori dei diritti umani mentre grazie alla politica di riconciliazione nazionale stanno ritrovando la libertà migliaia di terroristi, futuri elettori. La legge, spiega un portavoce del governo, intende colmare un vuoto giuridico in materia di religione ma anche porre fine alle «attività anarchiche» di associazioni - non meglio identificate - che da anni, secondo quanto scrive periodicamente la stampa algerina, operano per far convertire i musulmani.

Nel mirino sono soprattutto i protestanti, ma non mancano larvate accuse anche alla Chiesa cattolica, puntualmente respinte dall’arcivescovo di Algeri, monsignor Henri Teissier che continua da anni a prendere le distanze dalle campagne di evangelizzazione, protesta ogni volta che può, spiega che l’attività umanitaria della Chiesa «non chiede contropartite».

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