Milano - Per Alitalia il calendario è stretto. Lunedì 7, a Parigi, consiglio di amministrazione di Air France. Martedì 8, a Roma, cda di Alitalia. Mercoledì 9, incontro Alitalia-sindacati. Fino all’8 il titolo della compagnia resterà sospeso in Borsa; e ieri la Deutsche Bank ha indicato come prezzo 0,01 euro e ha confermato: «Vendere». L’ultima quotazione, martedì, è stata di 0,50 euro: la valutazione di Db corrisponde a un calo del 98%.
L’appuntamento sul quale si fissa maggiormente l’attenzione è il cda dell’8. In quella sede sarà dichiarata, o meno, l’esistenza della «continuità aziendale», elemento essenziale per la sopravvivenza della compagnia. E soprattutto per consentirle di superare lo scoglio delle elezioni, permettendo l’apertura di un nuovo capitolo di trattative sotto l’egida del nuovo governo. Che è la cosa ormai ritenuta più realistica.
La «chiave» - approfondita ieri mattina in un incontro tra i vertici operativi di Alitalia, Giancarlo Schisano, direttore della divisione passeggeri e cargo, e Massimo Cestaro, capo del personale e i sindacati - è il piano d’emergenza varato alla fine dell’estate dall’ex presidente Maurizio Prato. Quel piano, per intenderci, che ha previsto la riduzione del network e l’abbandono di Malpensa come principale scalo di smistamento del traffico. All’incontro di ieri erano presenti tutte le nove sigle sindacali e professionali, Uil compresa, che tuttavia si è dissociata dal documento nel quale i lavoratori si sono impegnati «a ricostruire un livello relazionale che dia assoluta e unica priorità alla salvaguardia della attività aziendale e della sua integrità».
Il piano-Prato, costruito nella convinzione che Alitalia possa avere un futuro anche «stand alone», e cioè da sola, potrebbe offrire il respiro necessario a prender tempo: infatti dalla fine di marzo, con la rinuncia all’hub di Malpensa, Alitalia ha messo una croce su perdite annuali stimate in 200 milioni. Da aprile il riscontro dovrebbe essere visibile, e l’inversione di tendenza dovrebbe garantire la continuità. Ricordiamo che nel 2007 Alitalia ha perso 364 milioni di euro; più della metà di questi sono stati attribuiti allo scalo lombardo. La verifica dei conti da parte del cda dovrebbe dunque registrare benefici immediati e di prospettiva; tuttavia ieri Schisano non ha nascosto la sua preoccupazione per un netto calo delle prenotazioni, attribuibili sia alla sforbiciata all’attività, sia alla diffidenza della clientela.
Il tema più rovente, in questo momento, è la posizione sindacale. Le sigle sembrano impegnate in un’operazione ardita: quella di negare qualunque retromarcia, ma - al tempo stesso - di riaprire le porte a una trattativa con Air France. Ribadiscono, con una certa compattezza, l’avversità al piano di tagli presentato da Air France che, nonostante le attese, non è stato modificato. Ma ammettono che il documento sindacale sul quale c’è stata la rottura (quello che proponeva il riassorbimento di Az Servizi e la presenza di Fintecna nell’azionariato di Alitalia) è solo una base sulla quale discutere. Le dichiarazioni indicano posizioni variegate: «Il comportamento dei sindacati è demonizzato, non abbiamo rotto nessuna trattativa, semplicemente non abbiamo aderito acriticamente a una proposta» (Fabrizio Solari, Cgil). «A noi interessa chiunque faccia condizioni favorevoli. Oggi abbiamo Air France. Non ho capito perché Spinetta se ne sia andato» (Raffaele Bonanni, Cisl). «Se Air France non riprenderà la trattativa sarà un grosso guaio» (Luigi Angeletti, Uil). «Siamo pronti a impegnarci in una trattativa a oltranza con Air France» (Fabrizio Tomaselli, Sdl). «Siamo pronti a riaprire il confronto ma a condizioni diverse da quelle poste dai francesi» (Fabio Berti, Anpac).
Azioni diplomatiche per riaprire il dialogo sono in corso da parte del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Enrico Letta, che ieri si è intrattenuto a colloquio con il neo presidente della compagnia, Aristide Police. Letta ha detto che l’integrazione con Air France è un’«occasione da non perdere». Di segno opposto le parole di Silvio Berlusconi, il quale ha indicato come sbagliata una trattativa prima del voto e ha voluto sottolineare: io me ne tengo fuori.
Da parte sua Lufthansa ha ribadito anche ieri il suo interesse per il mercato italiano, mentre l’ad di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera (principale sostenitore di Air One) ha dichiarato che da dicembre «non siamo più coinvolti in alcuna negoziazione».
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