da Milano
Maurizio Prato è giunto all’incontro con i sindacati molto irritato. Ufficialmente, per la quantità di indiscrezioni trapelate in questi giorni sul piano industriale di Alitalia. Così ha letto il comunicato steso dopo la riunione del consiglio, protrattasi fino al tardo pomeriggio, poi ha raccolto le sue carte e se n’è andato, negandosi a qualunque dibattito. Ha sbattuto la porta dopo aver letto testualmente: «Le ricadute sugli aspetti occupazionali derivanti dall’attuazione del piano saranno definite in stretta intesa con le organizzazioni sindacali». Non è un buon avvio. La discussione è rinviata a martedì, alle 16.
Potrebbe essersi trattato di una semplice tattica per sottrarsi alle domande. Ma più pesanti sono le interpretazioni dei sindacati, secondo i quali il «piano è nato morto», dal momento che il governo avrebbe invitato Prato ad attenersi al mandato di vendere la compagnia senza sconfinare da tali limiti.
I dettagli del piano industriale varati si prestano comunque ad alcune considerazioni. Per esempio: Alitalia prevede una riduzione di aeromobili di medio e lungo raggio, ma stima anche un aumento dei passeggeri, al 2010, dai 25,5 milioni di oggi ai 28,7 di fine piano. Possibile? Prevede un incremento (a fine periodo) degli aeromobili di lungo raggio (nell’immediato scenderà anche il numero di questi): ma non dice come saranno reperiti, visto che le due case di produzione sono sature di ordini fin oltre quella data. E il mercato dell’usato non sempre garantisce la qualità di servizio che Alitalia vorrebbe mantenere e migliorare. Gli interrogativi sulla flotta di lungo raggio sono anche legati alla prossima scadenza di alcuni contratti d’affitto. Un Boeing 767 è già «perso», perché Alitalia non ha rinnovato le opzioni in tempo.
Il piano, secondo i dettagli forniti ieri, si ripropone di ottenere «un significativo miglioramento dei margini operativi consolidati, compresa Volare, e in particolare dell’Ebitdar», che è l’indice di redditività lordo, prima dei «rates», ovvero dei costi di locazione degli aerei. Ma tale voce, dal 2008, crescerà in maniera molto elevata, proprio per effetto della rarefazione degli aeromobili sul mercato. Nonostante ciò a fine piano, è previsto un margine operativo positivo. La «chiave» di tutto il piano, insieme alla riduzione dei costi, è la produttività: facendo volare una flotta più snella su un network di collegamenti più funzionale, la compagnia si aspetta di riempire di più gli aerei e di tornare a una gestione economica.
Tuttavia - fa notare Alitalia (meno 0,34% in Borsa) - l’aumento di capitale è necessario. Il cda si è riservato di valutare «entità, tempi e modalità» dell’operazione, «in connessione con l’auspicata modifica dell’assetto proprietario della compagnia, sulla base del monitoraggio e dell’apprezzamento dell’andamento gestionale dei prossimi mesi». Quanto ai pretendenti, la società informa di aver già iniziato i primi contatti, che saranno conclusi «nei tempi più brevi».
Nel piano industriale non c’è riferimento al numero di tagli all’occupazione - sui quali è ribadita la massima attenzione verso il sindacato, «nervosismi» a parte - né all’abbandono dell’hub di Malpensa.
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