Politica

«All’attacco di una sinistra senza programma»

Sabrina Cottone

da Milano

«Nessuno penserà che io non abbia cose più divertenti da fare che candidarmi per la quarta volta alla mia età...» scherza Silvio Berlusconi. Il premier è tra i socialisti della «Giovane Italia» riuniti in assemblea a Milano e a loro racconta come ha deciso di scendere ancora in campo: «Sono convinto che sia necessaria una nuova formazione politica, allora ho detto: “Se serve, sono pronto a un passo indietro”. Nessuno si è fatto avanti e così, dopo aver parlato con i leader dei due principali partiti della maggioranza, mi sono fatto coraggio».
A scanso di equivoci, il pluricandidato premier chiarisce subito che l’idea del partito unitario non è accantonata. Tutt’altro: «Non c’è nessun rinvio. Stiamo cominciando a lavorare insieme per avere in ciascuno dei 475 collegi un comitato elettorale comune. E probabilmente metteremo insieme i gruppi sia alla Camera che al Senato. An e Udc hanno già espresso il loro parere positivo per andare in questa direzione». Il passo successivo sarà la «federazione tra il grande partito moderato e le altre forze come Lega e autonomisti».
Una Casa delle libertà con regole nuove, dove le decisioni saranno prese a maggioranza («magari una maggioranza qualificata dei due terzi») in modo che sia rispettata una regola cardine della democrazia, quella dei numeri: «Oggi se anche un piccolo partito dice no, il provvedimento si arena. La nuova casa dei moderati eliminerà questo potere di veto». Il binomio vicente, secondo Berlusconi, coniuga riformismo e realismo. E per essere davvero riformisti, è bene mettere da parte gli interessi particolari trovando il modo di eliminare i veti delle minoranze: «Bisogna superare gli egoismi delle singole forze politiche e delle singole associazioni per essere riformisti nel concreto».
Insomma, Berlusconi è già concentrato sulla campagna elettorale del 2006 e non vuole ripetere i passi falsi che hanno portato alla sconfitta delle Regionali: «Vinceremo, ne sono assolutamente certo. Non credo che gli italiani possano cambiare idea, sono da sempre un popolo di moderati. Dal 1946 a oggi la sinistra non ha mai vinto, neanche nel 1996 quando abbiamo perso perché eravamo divisi dalla Lega. Non c’è dubbio che prevarremo». Il premier è convinto che le regionali siano state perse a causa di una strategia sbagliata. «L’errore più grossolano l’ha fatto il presidente del Consiglio, ne parlo sempre in terza persona quando fa errori - ci ride su -. E l’errore è stato che il presidente del Consiglio ha pensato bene di non scendere in campo per essere il premier di tutti».
Se la campagna elettorale per le Regionali è stata «in sordina», per il voto del prossimo anno Berlusconi medita un’offensiva imponente, con quella che per far vendere si chiama pubblicità competitiva e per far votare «una campagna d’attacco alla sinistra». Ha già in mente gli slogan per i manifesti: «La sinistra vi garantirà conflittualità continua. La sinistra vi garantirà più tasse per tutti». Tra poco uscirà «Il secondo libro nero del comunismo» e lui progetta di organizzare reading pubblici con quattro ragazze e quattro leggii e via a recitare quel che racconta il libro: «L’idea comunista in Italia e in Europa non è ancora percepita come l’impresa più distruttiva della storia, ma al contrario come un’utopia non realizzata».
Un pericolo comunista che Berlusconi non smette di vedere anche nel presente: «A sinistra è rimasta un’ostilità per tutto ciò che è privato, dalla scuola privata alla proprietà privata, ritenuta il principio di tutti i mali». Tradotto nella concretezza delle cifre, significa che «la pressione fiscale, che con Prodi era arrivata al 47 per cento, adesso è scesa al 41». Guardando al presente e al futuro dell’Unione, Berlusconi vede ancora più nero: «Se vincessero, e non vinceranno, non riuscirebbero a concludere nulla di buono in economia e politica estera per l’opposizione di Rifondazione e cossuttiani». Di più: «Non sanno tirare fuori uno straccio di programma. Per fortuna non avranno il problema di metterlo in pratica...». La campagna elettorale d’attacco è qui e ora.

E questa volta Berlusconi è in prima fila.

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