
"Le piace questo giardino? Eviti che i suoi figli lo distruggano!" si legge nel capolavoro di Malcolm Lowrie, Sotto il vulcano. Un ammonimento che il protagonista dell'ultimo romanzo di Luciano Allamprese, Esame di coscienza (Atlantide, pagg. 256, euro 24), giudicherebbe vano: "Immagino così quello che succederà dopo la mia morte: i figli, generi e nuore li vedo invadere questa bella dimora calpestando giacinti e narcisi. Poi abbatteranno peschi e aranci, spianteranno le agavi..." Se almeno l'unico problema fosse quello della casa di campagna; dove lui, dirigente del ministero della Cultura in pensione, marito di un'argentina e padre di famiglia, vive da anni in volontaria segregazione. Da quando "il fatto" gli ha sconvolto l'esistenza.
"Il fatto", che dà alla vicenda una piega da romanzo giallo, riguarda la Fondazione che l'uomo, a tempo perso, dirige, un patronato gestito da volontari creato allo scopo di facilitare l'integrazione degli immigrati sudamericani in Italia. È lì che un giorno si presenta Hugo, un mitomane di mezza età sovrappeso, sporco e alcolizzato. Ha saputo che a Roma vive Alicia, l'amore della sua gioventù. Spera che la Fondazione gli dia una mano a ritrovarla e invece il direttore traccheggia, divaga, erige un muro di gomma; forse perché il nome della donna, e anche mezzo cognome, coincide con quello della moglie. Ce n'è abbastanza per sviluppare un intreccio riuscitissimo sostanziato da uno scandaglio, a volte impietoso e a volte indulgente, che smaschera i piccoli e grandi crimini di cui è fatto il disuguale mosaico della vita.
I personaggi di Allamprese sono credibili, il ritmo della narrazione è perfetto e i dialoghi irresistibili. La pagina avvince anche grazie alle generose dosi di humour nero che offre, un umorismo mai oltranzista e che anzi mantiene un rapporto costante con la "normalità".
Speriamo che Esame di coscienza abbia il successo che merita; è umano e troppo umano che autori deliberatamente impervi, sperimentali e ambiziosi nella loro corsa seminino i lettori, finendo con lo scrivere per quattro gatti; è invece desolante quando un autore, così abile e sicuro di sé che per comporre un romanzo non ha bisogno di partire letterariamente parlando per la Luna sia poco noto: di opere così riuscite, in Italia e nel mondo, non se ne pubblicano molte.