da Roma
Se la temperatura è più o meno alta dipende, anche, da come è tarato il termometro. Non vale in medicina, ma qualche volta vale in economia, provocando sorprese. Per questo motivo desta interesse un recente studio della Banca dItalia che definisce un nuovo indicatore di competitività basato su un parametro di riferimento allargato da 25 a 62 Paesi, fra i quali la Russia, la Cina e gli Stati ex comunisti dellEuropa centrale e orientale. Il risultato? Nel quarto di secolo fra il 1980 e il 2005, la competitività di prezzo dellItalia, «pur con fluttuazioni molto ampie», è migliorata del 6,9% contro il 4,5% dellindicatore precedente. E il peggioramento degli ultimi dodici anni appare, comunque, meno grave.
Bankitalia e lo stesso governatore Antonio Fazio, nei suoi interventi pubblici, hanno più volte lanciato lallarme competitività per il nostro Paese. Il nuovo indicatore rende tuttavia meno drammatica questa situazione: secondo il vecchio metodo, infatti, fra il 93 e il 2005 il nostro Paese segnalava un perdita molto preoccupante del 9,4%, mentre con il campione allargato a 62 Paesi il dato si dimezza, passando al 4,7%. In particolare, nellultimo quinquennio - praticamente dal lancio delleuro - lItalia ha perso competitività nei confronti delle principali economie mondiali per il 2,8%; ma col nuovo sistema di calcolo si scende a zero. Pesa, invece, il ribasso del dollaro sulleuro.
Il miglioramento è, naturalmente, dovuto allutilizzo di un campione più ampio. E se appare scontato, o quasi , il guadagno di competitività fatto segnare dallItalia nei confronti dei principali Paesi dellEuropa orientale, sorprende un altro dato: il nostro Paese ha migliorato in competitività anche rispetto alla Cina, almeno fino alla metà del 2001. Poi la situazione si è invertita, peggiorando rapidamente.
Allarme competitività rientrato, dunque? No, semmai solo un pochino ridimensionato. La marcia indietro delleconomia italiana resta, ma è un po meno veloce di quanto si pensasse finora.
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