Tutti coinvolti, o quasi. Dopo gli investitori privati, adesso tocca anche a quelli pubblici farsi carico del salvataggio di una Grecia sempre sul filo del rasoio di un possibile default. Ancora una volta, i conti di Atene non tornano. Non per colpa di qualche truffaldina manovra contabile, ma piuttosto a causa del buco di entrate provocato dalla brutale recessione innescata dalle misure di risanamento prese dal governo.
Allappello mancano 15 miliardi di euro, da sommare ai 130 già stanziati ma ancora sub judice fino al raggiungimento dellintesa sulla ristrutturazione del debito tra il Paese ellenico e lIis, listituto che rappresenta le banche private. A sentire il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, laccordo verrà firmato «entro la fine della settimana», a mercati chiusi. La parola fine a negoziati che a singhiozzo si trascinano da mesi, dovrebbe quindi essere messa sabato, o al più tardi domenica, sulla base di un taglio del capitale del 70% circa. Il condizionale è però dobbligo. A differenza di Rehn, Jean-Claude Juncker, presidente dellEurogruppo, non è infatti sembrato così ottimista: i negoziati sullo swap sono «estremamente difficili», ha ammesso, dopo aver peraltro bollato come «insufficienti» le decisioni prese nel vertice Ue del 30 gennaio. La prudenza, in questo caso, non è mai abbastanza: data più volte per fatta, lintesa tra le autorità greche e lIis ha via via subìto ripetuti rinvii.
Se comunque firma ci sarà nel week end, un capitolo verrà chiuso ma subito se ne aprirà un altro. Gli ispettori internazionali hanno stimato un gap di 15 miliardi dopo laccordo con i privati (che vale circa 100 miliardi) e il secondo piano di aiuti Ue-Fmi. Rehn ha chiesto «uno sforzo in più», ma chi sarà chiamato a sostenerlo? La strada più percorribile prevede che anche gli investitori pubblici, ossia le banche centrali nazionali o le casse depositi e prestiti, si accollino parte delle perdite. Gli eurotecnici hanno già contrassegnato loperazione con lacronimo Osi, Official sector involvment (coinvolgimento del settore pubblico) e hanno iniziato a discuterne. La Germania, però, si è subito messa di traverso: «Non cè bisogno di alcun contributo ulteriore da parte del settore pubblico», ha tagliato corto il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble.
Unalternativa potrebbe essere individuata nella Bce. Nelle sue manovre di contrasto ai bombardamenti dei mercati sulla Grecia, lEurotower ha rilevato nei mesi scorsi fra i 35 e i 55 miliardi di sirtaki bond. Listituto guidato da Mario Draghi si è però sempre opposto a una sua partecipazione alla ristrutturazione del debito greco. Se solo si considerano le polemiche (soprattutto di matrice tedesca) sorte in seguito allacquisto dei Btp e dei Bonos spagnoli da parte di Francoforte, è difficile ipotizzare uninversione di marcia.
I punti di domanda sullesito del bailout ellenico restano insomma parecchi. La loro rimozione è essenziale per permettere ai mercati di eliminare una grossa fonte di incertezza e di proseguire nella normalizzazione dei differenziali tra i titoli di Stato. Ieri lo spread tra i Btp e si è ridotto ancora fino a scendere a quota 375, mentre il rendimento dei decennali italiani è calato al 5,60%; le Borse hanno invece chiuso piatte dopo il rally di mercoledì, rese caute dalla parole del capo della Fed, Ben Bernanke, secondo cui leconomia Usa mostra segnali di ripresa, ma il mercato immobiliare continua a preoccupare. Laccordo raggiunto ieri sul nuovo fondo europeo anti crisi, lEsm, che potrà erogare aiuti da 500 miliardi, era del resto dato per scontato.
Lallentamento delle tensioni, percepibile anche nel successo riscosso ieri dalle emissioni di Spagna e Francia, è ancora in parte dovuto alle massiccia liquidità che la Bce ha concesso alle banche con i nuovi mega prestiti a 3 anni al tasso dell1%. Cresce infatti lattesa per le nuove aste di fine mese che, secondo le attese, potrebbero essere dimporto superiore ai 500 miliardi erogati a fine 2011.
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