da Milano
Gli analisti hanno ormai pochi dubbi: le probabilità che la Federal Reserve alzi ancora i tassi in occasione della riunione del 28-29 giugno sono salite all80%. La convinzione che la 17ª stretta consecutiva dal giugno 2004 sia prossima si è ulteriormente rafforzata ieri con la diffusione di due indicatori-chiave per tastare gli umori della Banca centrale Usa, ovvero il deficit commerciale e i prezzi alle importazioni. Le notizie non sono state positive. Il disavanzo con lestero, pur se inferiore alle attese, è infatti salito in aprile a 63,4 miliardi di dollari a causa dei maggiori costi sopportati per importare prodotti energetici e materie prime. E forti segnali di surriscaldamento dellinflazione sono arrivati anche dai prezzi allimport, saliti in maggio dell1,6%, il doppio rispetto alle previsioni. Le ripercussioni sul cambio sono infatti state immediate, con leuro scivolato a metà pomeriggio al di sotto di quota 1,26 dollari (1,2597, minimo da un mese), prima di risalire senza tuttavia riuscire a recuperare la soglia di 1,27.
Ben Bernanke, numero uno della banca centrale Usa, era ieri al Massachusetts Institute of Technology dopo partecipava alla cerimonia di laurea e ha evitato di affrontare la questione tassi, limitandosi a spiegare che gli Stati Uniti dovrebbero ancora beneficiare di una crescita della produttività, non essendo ancora «stati digeriti dai mercati» i recenti miglioramenti della tecnologia. Daltra parte, dopo gli equivoci ingenerati con le dichiarazioni sulle probabilità di una pausa nella fase di rialzo del costo del denaro, il successore di Greenspan si è ripromesso di affrontare solo nelle sedi ufficiali i temi legati alla politica monetaria.
Limportanza attribuita da Benrnanke alla stabilità dei prezzi è tuttavia nota.
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