Ci sono catastrofisti, in questo Paese, pronti a giurare che lanno prossimo - sì, quello che comincia fra tre giorni - i disoccupati potrebbero contarsi a centinaia di migliaia, forse un milione, forse due
E che il nerbo di questa massa di uomini e donne che non sapranno come mettere insieme uno stipendio alla fine del mese, o qualcosa che a uno stipendio somigli, sarà costituito dai precari.
Sui numeri, naturalmente, ognuno se la racconta come vuole, in attesa di veder parlare i fatti. Ma che quello dei precari sia il grande nervo scoperto della crisi incombente è così vero che anche il Papa, ieri mattina, ha sentito lurgenza di tornare sull'argomento, facendo appello perché siano garantite condizioni di lavoro «dignitose per tutti».
Il lavoro che manca e la strage di Gaza («serve un sussulto di umanità
») sono stati i due temi alti toccati ieri mattina all'Angelus da Benedetto XVI. Lo spunto per l'intervento di ieri sul punctum dolens del lavoro è stato offerto al Papa (dopo il consueto Angelus recitato dalla finestra del suo studio in piazza San Pietro) dallanniversario della messa che quarant'anni fa Paolo VI celebrò - era la notte di Natale del 68, per la precisione) - allItalsider di Taranto.
«Colgo l'occasione - ha detto Benedetto XVI ricordando la messa celebrata oggi all'Ilva dallarcivescovo Benigno Papa - per esprimere preoccupazione per laumento di forme di lavoro precario, e faccio appello affinché le condizioni lavorative siano sempre dignitose per tutti».
Larcivescovo di Taranto, dal canto suo, ha assicurato che la «Chiesa continuerà ad essere vicina al mondo del lavoro» e che «la situazione economica molto critica non ci fa venire meno la speranza: cè in noi cristiani la volontà decisa di dare il meglio perché non manchi a nessuno la grazia del lavoro».
La «questione sociale» è una delle riflessioni centrali, si direbbe, del Papa di fronte al Natale. Nel suo messaggio Urbi et orbi del 25 dicembre, Ratzinger ha ricordato la «considerevole crisi economica» e invitato gli italiani «a una più grande solidarietà tra le famiglie e le comunità che compongono la cara Nazione italiana». E già aveva suscitato vasta eco l'iniziativa dell'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, di istituire un fondo famiglia-lavoro per aiutare quanti nei prossimi mesi resteranno disoccupati a causa della crisi. A Tettamanzi, da Torino, ha risposto larcivescovo Severino Poletto, che ha chiesto finanziamenti per il settore automobilistico e cercato di sensibilizzare su questo istituzioni e sindacati. Da Prato ha fatto sentire la sua voce il vescovo Gastone Simoni, denunciando il languire degli ordini nel settore del tessile. Di lì in poi è stato un crescendo di voci levatesi da eminenti uomini di Chiesa: una sorta di «chiamata» dei cattolici, che si intensificherà nei prossimi mesi, per fronteggiare in modo compatto la crisi aiutando i più deboli, combattendo come si potrà (anche con la fantasia, perché no?) la crisi, la disoccupazione e le povertà vecchie e nuove.
A Papa Ratzinger ha fatto eco ieri mattina dallIlva di Taranto (ex Italsider) monsignor Benigno Luigi Papa, arcivescovo della città pugliese. «La nostra Chiesa continuerà ad essere vicina al mondo del lavoro, senza invasioni di campo in settori e ambiti di vita che non le appartengono», ha detto il Papa pugliese che diceva messa per commemorare, dall'Ilva, quellaltra messa di papa Montini di quarantanni fa.
I fatti di Gaza, «questo tragico susseguirsi di attacchi e di rappresaglie», sono laltro rovello di Benedetto XVI, che ha chiesto la fine di ogni violenza e il ripristino della tregua.
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