Visti i precedenti, il ministero della Pubblica istruzione farebbe bene a organizzare corsi di autodifesa. Per studenti minacciati da possibili malintenzionati? No, per professori presi a cazzotti dagli alunni e - soprattutto - dai genitori di questi ultimi. Casi eccezionali? Mica tanto, considerato che dall’inizio dell’anno sono almeno una decina i docenti ritrovatisi incerottati a seguito di vivaci «colloqui» degenerati in botte da orbi. Il ministro della Pubblica istruzione ha lanciato l’allarme: «Episodi simili avvengono anche per colpa di famiglie che hanno rinunciato al loro ruolo educativo».
Ieri, ad esempio, una bella scarica di pugni se l’è presa una professoressa dell’istituto tecnico professionale «Giovanna di Savoia» di Siracusa; l’insegnante, «colpevole» di aver dato dei brutti voti a una sua alunna quattordicenne, è finita al pronto soccorso. A suonargliele di santa ragione due donne: la studentessa «somara» e sua madre, entrambe abilissime nel centrare il bersaglio. I medici dell’ospedale «Umberto I» hanno infatti diagnosticato alla malcapitata docente «contusioni ed escoriazioni guaribili in una decina di giorni».
Sull’improvvisato ring scolastico, in qualità di giudici, ieri mattina sono intervenuti due poliziotti chiamati dopo che la prof era finita ko.
Secondo quanto emerso, la madre e la ragazzina avrebbero prima avuto da ridire sul voto in pagella e poi si sarebbero scagliate contro la docente mettendola al tappeto. Solo l’intervento di altri genitori, casualmente presenti, ha evitato che lo scontro avesse conseguenze ancora più gravi. Al termine del movimentato scambio di idee, la giovane è stata sospesa per una settimana, mentre la madre verrà probabilmente denunciata dall’insegnante non appena si sarà ripresa dallo choc.
Intanto la preside cerca di ricucire lo strappo, precisando che mai prima d’ora la sua scuola si era trasformata in un’arena: «Sono rammaricata. Qui lavoriamo, oltre che con la testa, anche col cuore perché sappiamo di avere a che fare con ragazzi che spesso non hanno nulla alle spalle, in una società che sembra incitare alla violenza. Per questo cercheremo subito di recupare il rapporto con la ragazza e farla inserire nelle attività scolastiche».
Sempre ieri, un altro caso emblematico in una scuola media di Palermo: un dodicenne in classe con hashish e sigarette, pronto a minacciare l’insegnate che lo ha sorpreso a fumare uno spinello. Dinanzi al comprensibile rimprovero del professore, il ragazzino ha mostrato in aula quattro involucri di carta stagnola contenenti l’hashish e urlanto al docente: «Se parli ti faccio massacrare di botte».
«Non è più possibile accettare supinamente che genitori, parenti ed affini si arroghino il diritto di pestare dirigenti scolastici ed insegnanti, colpevoli di compiere soltanto il proprio dovere. Questo stato di cose deve finire e perché ciò accada servono misure legislative di contenimento drastiche e scevre da elasticità di sorta», afferma Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori.
«Casi come questo di Siracusa - aggiunge Marziale - sono da sanzionare con la sospensione dalle attività didattiche degli studenti coinvolti, con l’assegnazione degli stessi a lavori socialmente utili obbligatori, con la bocciatura a fine anno e dunque l’imposizione a ripetere l'anno scolastico e, infine, con la messa in discussione dell’esercizio della patria potestà per quei genitori che - alla stregua di pugili professionisti - si rendono complici di azioni di ritorsione nei confronti degli operatori scolastici». Forse non servirà a risolvere definitivamente il problema, ma si eviteranno almeno colpi sotto la cintura.
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