Cronaca locale

Allarmi in cielo e patate (poche) in tavola

Ne «La casa di via Colombo» Carla Bisi Castellani rievoca gli anni della guerra

Alessandra Iadicicco

Milano, scenario di guerra. In primo piano sul proscenio cittadino e in campo lungo sullo sfondo planetario, perché era la Seconda e Mondiale che si combatteva. Dietro le quinte del Politecnico, però, in un angolo di casa Bisi Castellani in via Colombo, la mamma si esibiva ogni sera in un esclusivo numero marziale che strappava immancabilmente l'applauso dei suoi figli. Brandita la scopa come un'alabarda, la vibrava alla rovescia, ad altezza di soppalco e, con la destrezza e la mira di un cecchino, colpiva e faceva cadere sul pavimento, pesanti come granate inesplose, quattro o cinque patate da cuocere per cena. Per cena, poi, non c'era molto di più, ma nella mente della spettatrice di allora e dell'odierna narratrice della scenetta, la vivacità dello spettacolino si è impressa più vividamente che il ricordo della fame.
Carla Bisi Castellani aveva poco più di dieci anni quando sua madre difendeva a colpi di manico di scopa la sicurezza del nido familiare: «La casa di via Colombo» (è il titolo delle sue memorie) cioè, in cui si sentiva sicura e protetta sebbene ci vivesse ne il «Tempo di guerra a Milano» (è il sottotitolo del volume che le raccoglie: Ibis, 94 pp. 10 euro). Ora, nel racconto con cui ci ritorna, sulla vaghezza dei ricordi comuni fissati nella storia con la precisione delle date che segnano i momenti salienti del conflitto - le bombe dell'ottobre 1941, la caduta del fascismo il 25 luglio, l'armistizio dell'8 settembre, la liberazione il 25 aprile, la resa della Germania nel maggio '45: episodi vaghi quanto potevano esserlo nella mente di una bambina -, prevale il senso dell'intimità che fa riconoscibile e propria un'esperienza tristemente condivisa. Condivisibile, anche nella sfera personale degli affetti, la rende la rievocazione della raccolta della lana e delle vere nuziali sui banchi di scuola, del timore che correva tra alunne spaventate meno dalla minaccia dell'interrogazione che dalla severità di una maestra troppo sospettosa del cognome ebraico di una compagna, delle serate all'erta trascorse accanto al fuoco trascrivendo la minuta dei compiti in bella copia, delle nottate e gli allarmi che spingevano giù in rifugio tutta la famiglia.

Ma dentro casa, in via Colombo, erano al sicuro, anche se fuori, all'aperto, piovevano bombe come patate.

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