Via alle prime condanne per clandestinità

Ai processi per direttissima gli extracomunitari arrestati senza permesso si vedono contestare anche il reato appena approvato

da Milano

Chiuso in una camera di sicurezza di una caserma dei carabinieri, il diciottenne cileno Miguel Angel Puebla Guzman non immagina che questa mattina - quando verrà prelevato e portato in tribunale per essere processato - gli toccherà interpretare un ruolo breve ma importante nei nuovi scenari disegnati dal governo Berlusconi in tema di sicurezza. Perché Miguel Angel si vedrà contestare non solo il reato per cui è stato arrestato - danneggiamento, per avere devastato il pronto soccorso in cui cercavano di medicarlo - ma anche la nuova aggravante inserita nel codice penale dal decreto legge governativo: l’aggravante di clandestinità. Essendo entrato illegalmente nel nostro Paese, Puebla Guzman si vedrà aumentare la pena di un terzo. Con una conseguenza non irrilevante: in questo modo la condanna potrebbe superare il tetto della sospensione condizionale, e a quel punto il giovanotto potrebbe davvero finire a scontare la pena in prigione.
La storia di Miguel Angel è una delle miriadi di storie che ogni giorno intasano le aule delle direttissime a Milano e nelle altre grandi città italiane. Alle 12,30 di giovedì, il giovanotto si presenta al pronto soccorso dell’ospedale Santa Rita: «Grondava sangue dalla testa - racconta Luigi Maculotti, il medico - e inveiva contro certi marocchini che gli avevano dato una bottigliata. Quando abbiamo iniziato a medicarlo ha dato fuori di matto, si è strappato la flebo, ha sbattuto gli infermieri al muro, ha devastato il pronto soccorso mentre il sangue schizzava dappertutto. Attimi di terrore puro. Poi è uscito e ha iniziato a aggredire i passanti». Quando sono arrivati i carabinieri e lo hanno bloccato, era ancora così agitato che - nonostante le manette ai polsi - per finire di medicare il ragazzo i sanitari hanno dovuto addormentarlo.
Quando si è svegliato i carabinieri lo hanno arrestato. E dopo averlo identificato e avere scoperto che è in Italia senza permesso di soggiorno, gli hanno contestato la nuova aggravante. E adesso? I conti sono presto fatti. Per il reato di danneggiamento la pena prevista è quasi simbolica, un anno di arresto oppure una multa. Ma se a venire danneggiato, come in questo caso, è un edificio a uso pubblico la pena sale: da sei mesi a tre anni. Senza il decreto sicurezza, sarebbe stato molto difficile che il focoso sudamericano finisse in carcere. Ma oggi il giudice che lo processerà dovrà tenere conto della nuova aggravante, inserita dal decreto come comma 11-bis dell’articolo 61 del codice: la pena è inasprita di un terzo «se il fatto e' commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale». Anche così, la certezza che Pueblo Guzman finisca davvero in carcere non c’è. Ma la prospettiva si è fatta indubbiamente più concreta.
Il clandestino cileno non sarà l’unico, nell’infornata di processati di questa mattina, a vedersi muovere la nuova accusa. Con lui ci saranno anche uno spacciatore nordafricano e due ladri di appartamento moldavi, anche loro arrestati in flagrante e anche loro privi di permesso di soggiorno. Ma si tratta di imputati che anche con le vecchie norme il giudice avrebbe avuto la possibilità di tenere in carcere. Invece il comma 11 bis sembra destinato a sortire i suoi effetti soprattutto sui reati di confine, i delitti che finora oscillavano tra la punizione effettiva e quella sorta di «indulto permanente» denunciato dal capo della polizia Antonio Manganelli.

Il margine di discrezionalità del giudice, fin quando l’impianto del codice penale resterà quello attuale, continua inevitabilmente ad essere alto. Ma se il magistrato che stamane si troverà davanti Puebla Guzman si dovesse convincere della necessità di tenerlo per qualche tempo fuori dalla circolazione, avrebbe indubbiamente in mano uno strumento in più.

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