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Un’altra bomba contro gli italiani ma il Lince salva i cinque alpini

Shindand. L’ordigno è esploso di prima mattina al passaggio di una pattuglia di alpini: il blindato Lince ha retto, ancora una volta, e i cinque a bordo sono rimasti illesi. L’attentato è avvenuto vicino a Shindand, nel profondo ovest dell’Afghanistan, più o meno nella stessa zona dove, sabato scorso, alcuni bambini che giocavano videro qualcosa di strano in uno di quei tubi per lo scolo dell’acqua che passano sotto la strada e dettero l’allarme. Anche quello era un Ied, un ordigno esplosivo improvvisato, che gli artificieri fecero brillare. Ma stavolta i bambini non c’erano. L’esplosione è avvenuta alle 7.18 (ora locale) a 12 chilometri da Shindand, a sud di Herat, dove gli alpini di Pinerolo del 3º reggimento della Taurinense, insieme a soldati Usa, occupano la base avanzata «Shaft».
I soldati italiani, a bordo di sei Vtlm Lince, percorrevano un tratto disabitato quando all’improvviso uno dei mezzi è stato investito dall’esplosione. Al quartier generale di Herat spiegano che il mezzo «ha resistito all’onda d’urto, riportando solo danni alla parte inferiore: illesi i cinque militari a bordo». Il resto della pattuglia ha continuato la missione dirigendosi verso il villaggio di Masyan, nella famigerata valle di Zeerko, una delle località più pericolose tra quelle affidate al controllo dei militari italiani. Che ci andavano a fare? Un’attività ritenuta strategica, che in gergo viene definita «Key leaders engagement»: tradotto significa incontrare i capivillaggio e gli altri leader locali per coinvolgere le comunità nel controllo del territorio e nella reintegrazione degli ex talebani che sono stanchi di combattere e desiderano tornare a una vita normale.
Il contingente italiano investe molto in questo tipo di operazioni perchè, come spiega il colonnello Giulio Armando Lucia, comandante del 3º di Pinerolo e della Task force centre, «bisogna coinvolgere i cittadini, cercare di andare incontro alle loro esigenze, fargli capire che siamo con loro. Questa consapevolezza ora c’è e i benefici si vedono».
Il colonnello Lucia fa riferimento alle segnalazioni di arsenali e di ordigni che sempre più frequentemente arrivano dalla stessa popolazione, «che peraltro è quella che subisce più di tutti - dice il generale Claudio Berto, il comandante degli italiani - le conseguenze di questi Ied. Decine, centinaia di vittime. Donne, bambini, agricoltori. Gente normale, che vuole tornare ad una vita normale e che chiede l’aiuto nostro e delle forze di sicurezza locali».
Sono circa 45 gli Ied in cui i militari italiani si sono imbattuti negli ultimi due mesi.

Tutti neutralizzati, tranne due: uno oggi e l’altro il 17 maggio, quando rimasero uccisi Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio.

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