Altri dieci indagati ma Boni resiste

L’inchiesta si allarga. Il giorno dopo le perquisizioni della Gdf in Regione, emergono nuovi dettagli dell’indagine che ha coinvolto il presidente del consiglio regionale Davide Boni e il suo braccio destro Dario Ghezzi. Nuovi imprenditori finiti nel mirino dei pm, e una decina di altri politici locali, della Lega e del Pdl. In totale, sono circa in venti a essere finiti nel registro degli indagati. L’epicentro è sempre Cassano D’Adda. Lì, secondo gli investigatori, tra il 2008 e il 2009 la Lega Nord avrebbe finanziato iniziative elettorali con parte delle tangenti incassate da imprenditori che pagavano per ottenere modifiche ad hoc ai Égt. Ma la Procura ipotizza l’esistenza di un asse Lega-Pdl, un sistema di corruzione a vasi comunicanti tra assessorati del Pirellone. In particolare, tra Boni e Franco Nicoli Cristiani, finito in carcere nei mesi scosi. Non si tratta di due uffici a caso. Boni, fra il 2005 e il 2010, è stato responsabile al Territorio. Nicoli Cristiani, prima di entrare nell’ufficio di presidenza, era all’Ambiente e al Commercio. Dunque, ragionano i pm, per costruire centri commerciali o complessi residenziali, bisognava bussare a entrambe le porte.
Ma il Carroccio fa quadrato.

«Boni non si tocca e non si tocca la Lega». Nel pomeriggio, il faccia a faccia tra il presidente del consiglio regionale e Umberto Bossi in via Bellerio. Niente dimissioni e antipasto del vertice di oggi con gli ex ministri Roberto Maroni e Roberto Calderoli.

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