Quando i Giochi di Milano Cortina 2026 erano solo una pura suggestione, c'era un uomo che già ne visualizzava il successo. Giovanni Malagò non è solo il passato presidente del CONI, è l'attuale presidente della Fondazione Milano Cortina 2026, la figura che ha infuso vita in questa impresa. Ha voluto e immaginato i Giochi con una determinazione incrollabile, anche quando il solo parlarne veniva etichettato come pura follia. In un colloquio con Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, durante l'evento de il Giornale "100 giorni a Milano Cortina 2026. Il racconto dei Giochi" ripercorre questa avventura.
"Ce lo aspettavamo ma sapevamo che non era una passeggiata. Abbiamo vinto di pochissimo, Svezia si era presentata in forza: era l’ottava volta che da quando ci sono i Giochi moderni 1896 si candidava per l’evento invernale. Ha perso perché è stata molto sfortunata, non doveva trovare noi, con altri avrebbe vinto: Giappone con Sapporo e Usa con Salt Lake City. L’Italia si è dovuta ritirare per due volte per eventi bellici", ha dichiarato Giovanni Malagò, in collegamento. "Il Ciò premiò Francia e Giappone, ma Tokyo aveva già le Olimpiadi del 2020, la Francia quelli del 2024 e gli USA Los Angeles 2028. A questo punto ho intravisto una fessura, noi eravamo già pronti e il resto lo hanno fatto la Città di Milano, Regione Lombardia, Luca Zaia e l’amministrazione comunale di Cortina", ha aggiunto il presidente della Fondazione.
Ma Malagò ha anche sottolineato che non c'è stato il supporto adeguato da parte delle istituzioni europee, raccontato un evento che fa riflettere: "Mi si chiede di partecipare, inizialmente a Bruxelles o Strasburgo, a un’iniziativa dell’università Bocconi per parlare dell’Europa e della candidatura di Milano Cortina. Ho sentito delle cose bellissime, 'l’Europa vi è vicino' ma mi sono ritrovato che dopo 2 ore non c’era più nessuno, erano via tutti di rappresentanti istituzionali. Nel 2006 è stata l’Italia con Torino, nel 2010 siamo andati in Canada, 2014 in Russia, nel 2018 in Corea del Sud, nel 2022 siamo andati a Pechino: siamo tornati in Europa. Sarete orgogliosi ma io non ho mai sentito nessuno: questa è la riflessione, a futura memoria per altre candidature europee". Il presidente della Fondazione ha poi rivolto un pensiero al presidente attuale della Fondazione Milano Cortina: "Bisogna essere riconoscenti e io sono molto dispiaciuto che Luca Zaia, che è stato a bordo da subito e senza il Veneto non avremmo vinto, a poche settimane dai Giochi non sarà più presidente della Regione, a prescindere da chi verrà".
Saranno ancora Giochi in tempo di guerra ma Malagò cerca di guardare al futuro con fiducia: "Lo stato dell’arte prevede che la Russia comincia la guerra il giorno della cerimonia inaugurale delle Paralimpiadi di Pechino. Uno dei capi saldi statutari è la tregua olimpica e io andrò all’Onu per sostenere una delibera per chiederne il rispetto. La speranza è l’ultima a morire, magari il 6 febbraio la guerra non c’è più, magari c’è una tregua. Gli atleti russi e bielorussi sono stati sospesi dalle competizioni ufficiali perché il Ciò ha deciso che a livello individuale si può partecipare ma non sotto le insegne russe, quindi non ci sono le squadre. È stato un compromesso che ha permesso a questi atleti di partecipare".
A livello di organizzazione, Malagò ha spiegato che "nei primi 4 anni ho avuto 4 governi diversi, questo è stato un problema. Adesso c’è un governo stabile ed è stato importantissimo avere gli stessi interlocutori nella seconda fase dell’organizzazione". A livello sportivo, invece, Malagò ha sottolineato che "nella storia dei grandi eventi sportivi, la nazione ospitante ha due sfide, anzi tre. Deve organizzare i Giochi alla grande sotto tutti i punti di vista, la seconda riguarda la parte sportiva legata ad altri fattori. Devi sempre guardare il benchmark: ne abbiamo vinto 17 nell’ultima olimpiade, dobbiamo vincerne almeno 18".