Le sfide in equilibrio precario sulla neve sono teatro di storie di coraggio, eleganza, rivalità e orgoglio nazionale. Queste narrazioni, che hanno tenuto l'Italia attaccata allo schermo per decenni, sono al centro dell'evento "100 giorni a Milano Cortina 2026. Il racconto dei Giochi". Da Zeno Colò, primo oro nello sci alpino nel 1952, all'oro nello slalom speciale di Giuliano Razzoli a Vancouver 2010, un successo che trasformò il suo debutto in una fiaba. Nel mezzo, il racconto del sogno sfiorato in casa, ai Giochi di Torino 2006, da Giorgio Rocca. Le sue undici vittorie restano un ricordo emozionante, rendendolo l'unico campione capace, dopo Alberto Tomba e la "Valanga Azzurra", di regalare la gioia dei successi che si rincorrono. Quell'orgoglio è stato incarnato anche da Manuela Di Centa, regina del fondo, sette medaglie e due ori, l'unica atleta in grado di rendere glamour la propria disciplina, portandola nelle case di tutti gli italiani. Questi protagonisti si uniscono per raccontarsi, in un dialogo moderato dai giornalisti Benny Casadei Lucchi e Vittorio Macioce.
"Bisogna entrare nello spirito olimpico. Sui giochi abbiamo costruito una squadra di livello internazionale, che sarà un lascito per il nostro Paese. I lasciti dei Giochi sono prima di tutto quella della visibilità, ossia 2 miliardi di tv accese sulle nostre città, tra le altre cose. Dall’altra parte c’è il tema delle infrastrutture che ci danno delle opportunità in più sulle discipline sportive, che faranno ci queste città delle Capitali dello sport. Se dai al Paese delle nuove strutture che dal punto di vista amministrativo possono interloquire in consessi che poi decidono, questo è un grande lascito che permette all’Italia di partecipare ad altre manifestazioni internazionali", ha dichiarato Alessandro Morelli, sottosegretario al ministero delle Infrastrutture in apertura di panel.
"La cosa più bella è che al di là dei litigi siamo riusciti a essere elastici, veloci e quando vogliamo qualcosa la portiamo a casa. I territori sono riusciti a mettere insieme il meglio di decenni e decenni. Abbiamo venue già pronte, alle quali vanno messi solo abiti migliori. Queste eccellenze noi le avevamo, le abbiamo messe insieme e stavolta la politica ha fatto squadra, perché abbiamo presentato il massimo, ci mancava la pista di bob ed è stata costruita. Ci sono gli atleti, le atlete e le organizzazioni che non hanno avuto la possibilità di allenarsi per decenni e adesso ce l’hanno grazie al governo. Le lacrime di Zoegler mi hanno toccata perché in un momento in cui si può fare ce l’abbiamo fatta: quindi grazie", ha dichiarato Manuela Di Centa. "Quanti bambini diranno: voglio prendere la slitta anche io? Mica tutti si buttano giù dalla Stelvio. E questi sono i Giochi. Potrei dire, sì bella la pista lunga alla fiera di Milano, peccato che poi sarà smantellata e questa eredità mi spiace non averla, ma qualcosa l’abbiamo portata a casa. Non tutto si può fare ma abbiamo fatto tanto", ha concluso l'atleta.
"Nel momento in cui sono caduto a Torino ho sperato per 10 secondi che fosse un sogno. Questo uno sport che ha 100 variabili e ha ragione Sinner, dall’altra parte se ti piace e lo fai con passione, per quanto la fortuna possa contare, ogni atleta nell’infortunio o nell’errore sa che può succedere. Quel giorno l’apripista è stato Giuliano Razzoli", ha raccontato Giorgio Rocca raccontando della sua caduta durante i Giochi di Torino.
"Mi ricordo quando ho iniziato a sciare, avevo 4 anni, a Febbio sull’Appennino una stazione che purtroppo non c’è più. Fu amore a prima vista. Correvo per lo sci club Razzolo, due atleti, eravamo gli sfortunati dall’inizio. Quando arrivavo sulle Alpi ero sempre quello sfortunato dell’Appennino", è il racconto di Razzoli.