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Carmen Basilio, il contadino che si inventò sovrano della boxe

Coltivava cipolle insieme ai genitori, era iper religioso, menava durissimo: storia di un emigrato che raddrizzò un destino insipido a forza di pugni

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Sul panciuto battello che sbuffa verso le coste di un mondo inesplorato, si fanno forza stringendo un santino della Madre Santissima del Carmelo. Maria viene da Campobasso, Giuseppe dalla Ciociaria. Al sentimento religioso ti ci aggrappi a prescindere, ma vale di più se i denti che hai in bocca dondolano e le guance sono scavate. L'attracco in America è l'opportunità di correggere quel destino avverso. Certo, non è che sappiano poi far molto. Appartengono ad una generazione che non ha potuto studiare, circostanza che annacqua pure l'ingegno. Però una cosa la sanno fare bene. Coltivare i campi. Le cipolle, in particolare, vengono su succulente.

Si assestano a Canastota, Stato di New York, i Basilio - perché è questo il cognome di Giuseppe - e in un piccolo appezzamento di terreno iniziano a fare quello che gli viene meglio. Quando si sorprendono anche più solidi finanziariamente, decidono che è venuto il momento di fare un figlio. Nascerà il 2 aprile del 1927. Lo chiameranno Carmine, per la devozione di cui sopra, ma prestissimo lo slang americano lo storpierà in Carmen. L'ereditarietà delle fortune, prima ancora di quella dei mestieri, lo vorrebbe destinato alla zappa. Lui si cimenta anche, per un bel pezzo d'adolescenza. Coltiva le cipolle, come i suoi. Ci sa fare.

Ma c'è una cosa che sa fare meglio. Tirar pugni. Non per improvvisare risse da saloon, dove sprizzare livore per la propria condizione sociale. No, Carmen Basilio mena sul ring. Eppure, a scrutarlo bene, si direbbe il classico underdog. Non arriva al metro e settanta, è minuto, ha i lineamenti marcati, scolpiti dall'indigenza, come i suoi. Però se ne frega ampiamente. Entra in una palestra della sua zona a diciott'anni e inizia ad assorbire la nobile arte. In breve tempo il suo terrificante gancio sinistro fa il giro delle labbra di mezza contea.

Da dilettante perde soltanto tre incontri su ventiquattro. Un rullo compressore. Si muove agile su quelle leve corte, ma alimentate da cosce piantate a terra, potenti come il motore di un aliscafo. Cerca il duello ravvicinato, senza timore - e come potrebbe averne, visto la vita che gli è toccata in sorte finora - distribuendo combinazioni di colpi che stordiscono avversari e bookmakers. E poi c'è un'altra cosa. Lui prima di ogni match prega tantissimo. E, appena finito, si raccoglie di nuovo, direttamente sul ring, le palpebre serrate, le mani giunte, la testa lievemente reclinata e quindi alzata sul finale, in direzione del cielo.

Le sue fortune però non germogliano soltanto dalla rabbia che aderisce alla pelle dei più poveri, oppure dalla fede. C'entra molto anche un tale che si chiama Angelo Merenda, nato da genitori calabresi. Uno che poi, per essere accettato, ha cambiato il cognome in Dundee. Quindi Angelo Dundee. Chi sarebbe? Soltanto l'allenatore che, in carriera, lavorerà con Sugar Ray Robinson, Muhammad Alì, George Foreman. E Carmen, ovviamente.

Carmen Basilio
Carmen Basilio nel 1955, dopo aver vinto il titolo mondiale dei pesi welter contro Tony De Marco

Il giorno in cui Basilio capisce che dovrà sicuramente paintarla di coltivare cipolle è il 10 giugno 1955, a Syracuse. Categoria dei pesi welter, un altro italo-americano di fronte, Tony De Marco, campione in carica da un paio di mesi. Ne esce una lotta terrificante. Entrambi rifiutano di arretrare. Entrambi sono zuppi di lividi. Ma alla dodicesima ripresa Tony barcolla eccessivamente, mentre Carmen continua a pestare duro. L'arbitro dichiara che c'è un nuovo campione in città. E anche per la rivincita le cose non andranno diversamente. I due si stringono la mano: fuori dal ring diventeranno amici fraterni.

In seguito il rampante Johnny Saxton gli sfilerà il titolo, ma Carmine se lo riprenderà poco dopo, sfasciando l'avversario in sole due riprese. Qui suona un altro campanello. Capisce che l'asticella va alzata ancora. Inizia a prendere peso. Intende cambiare categoria. Pesi medi.

Così eccolo lì, soltanto due anni dopo - è il 23 settembre 1957 - nel ventre incandescente dello Yankee Stadium di New York, a contendere il titolo mondiale. Per gli allibratori non ha la minimissima possibilità di spuntarla, visto che di fronte ha una semi - divinità come Sugar Ray Robinson. Più vincente, più pesante, più alto, più forte. Più tutto. La voce interiore di Carmen Basilio però fa spallucce. Chissenefrega se mi danno sfavorito? Io meno, poi vedremo. Dopo quindici devastanti riprese, Sugar deve alzare bandiera bianca. il coltivatore di cipolle è campione del mondo anche dei pesi medi.

Cinque dei suoi incontri verranno celebrati come match of the year dalla rivista Ring Magazine. Lui sarà premiato come fighter of the year nel 1957. E si toglierà ancora cumuli di soddisfazioni, fino a quando non appenderà i guantoni. A quel punto sfilerà in macchina accanto ai campi di Canastota, girerà la manovella del finestrino e li scruterà con deferenza. Certi, non puoi scegliere come nasci.

Ma puoi sempre salire sul ring della vita per farti spazio.

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