"Patriarcale, esalta il pube". Rivolta contro la divisa Nike delle Olimpiadi

Forti critiche alla Nike da parte di alcune atlete americane sull'outfit delle prossime Olimpiadi di Parigi considerato troppo succinto. "Costume nato da forze patriarcali"

"Patriarcale, esalta il pube". Rivolta contro la divisa Nike delle Olimpiadi
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Negli Stati Uniti è da poco scoppiata la polemica tra alcune atlete impegnate alle prossime Olimpiadi di Parigi nei confronti della Nike, tra i principali marchi presenti nella manifestazione, per le uniformi di atletica leggera considerate sessiste perché metterebbero in risalto, eccessivamente, le parti intime femminili mentre i completi per gli uomini sono considerati molto più "casti".

Le accuse

L'abbigliamento è stato presentato durante un evento Nike che si è tenuto a Parigi ma, non appena mostrati i kit con cui dovranno esibirsi nella prossima estate, ecco alcune pesanti critiche arrivate soprattutto da Lauren Fleshman, campionessa nazionale statunitense dei 5000 metri nel 2006 e nel 2010. "Mostratemi una squadra di basket o calcio femminile che sosterrebbe con entusiasmo questo kit", ha scritto la Fleshman in un lungo post su Instagram. "Queste divise sono state pensate per l'atletica leggera alle Olimpiadi...Gli atleti professionisti dovrebbero essere in grado di competere senza dedicare spazio cerebrale alla costante vigilanza del pube o alla ginnastica mentale di avere in mostra ogni parte vulnerabile del proprio corpo", incalza.

L'invettiva non si ferma certo qui: vengono tirati in ballo anche gli uomini dell'atletica leggera per i quali è prevista una maglietta smanicata ma con un pantaloncino corto e attillato. "Se questo outfit fosse davvero benefico per la prestazione fisica, gli uomini lo indosserebbero - sottolinea la Fleshman - Questo non è un kit atletico d'élite per l'atletica leggera. Questo è un costume nato da forze patriarcali che non sono più benvenute o necessarie per mettere gli occhi sugli sport femminili".

Contraria all'outfit anche Tara Davis-Woodhall, atleta americana del salto in lungo che ha commentato ironicamente il post di Citius Mag, agenzia di stampa che per prima ha pubblicato la notizia. "Aspetta, il mio hoo haa uscirà". Si è lamentata con Reuters anche Colleen Quigley, mezzofondista americana, affermando che quei body "non sono assolutamente fatti per le prestazioni", alludendo al fatto che l'intento è quello di mostrare il più possibile il corpo femminile.

La risposta di Nike

A seguito del vespaio di polemiche, la Nike ha difeso a spada tratta il suo design nelle parole del vicepresidente dell'innovazione dell'abbigliamento, Janett Nichol, che a CBS Sports ha dichiarato che quelle nuove uniformi per le prossime Olimpiadi "performano al massimo livello" insistendo sul fatto che gli atleti venissero coinvolti per testarle durante il processo che poi ha portato a sviluppo e produzione. "Dal punto di vista dell'abbigliamento, il motivo per cui per noi rappresenta una svolta è perché ora siamo in grado di prendere le informazioni sugli atleti, insieme ai dati, e utilizzare quell'algoritmo per creare qualcosa che ci consenta di raggiungere un livello di specificità, fedeltà e precisione che non siamo mai stati in grado di ottenere prima", ha sottolineato Nichol.

La sua spiegazione, però, ha lasciato ampie perplessità sul fatto che

l'outfit standard per uomo sia con i tradizionali pantaloncini attillati fino a metà della coscia mentre le colleghe donne debbano avere così "tanta pelle in mostra" come da più parti hanno dichiarato oltreoceano.

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