Altro che Melissa. Chiara M., cento colpi di vita

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Perché Melissa P. e non, invece, Chiara M.? La domanda non è oziosa. Non c’è dubbio, infatti, che proprio a Melissa P. e ai suoi sciocchi colpi di spazzola intendessero rispondere i responsabili delle edizioni San Paolo con questo Crudele dolcissimo amore di Chiara M. Non so se l’idea sia buona, credo di no. Però era giusto che i lettori giovani sapessero - sono cose che si sanno sempre meno, inesorabilmente, anno dopo anno - che, oltre alle ragazzine che mostrano le chiappe per pubblicizzare il loro secondo libro, ne esistono altre che, senza nessuna propensione al martirio e senza nessuna particolare tensione mistica, accettano con allegria la sofferenza (molta) che tocca loro, e senza discorsi particolarmente profondi sanno comunicare quella profondità che è propria di ogni vita vissuta in modo veramente umano.
Questo è il cristianesimo: l’imprevedibile compimento della nostra umanità per mezzo di Gesù Cristo. A Chiara M. questo è accaduto attraverso il più crudele dei doni: una malattia subdola e implacabile che, lentamente, l’ha ridotta sulla sedia a rotelle senza però toglierle un grammo di allegria. L’autoritratto di Chiara M. è quello di una ragazza concreta e semplice, nata da famiglia povera (ecco un’altra cosa di cui un giovane oggi non vuole più nemmeno sentir parlare) e senza tanti grilli per la testa. La malattia non è la protagonista della sua storia: è piuttosto l’occasione attraverso la quale Chiara può verificare il senso delle cose che aveva vissuto fin da bambina, dei rapporti più importanti (quello con la madre e quello che fin dall’infanzia stabilisce con Chiara Lubich). Il dolore diviene così un modo per abbandonarsi a Dio, quasi una cosa da amare.
La forza del libro sta nel fatto che Chiara realizza tutto questo senza un particolare eroismo. È, semplicemente, la sua vita, che è una sola, e che Chiara vuole vivere fino in fondo. In questo desiderio profondo Dio fa il suo ingresso come un interlocutore naturale, il solo naturale.
Non è necessario essere malati per capire questo libro, basta voler vivere da persone umane. Il rapporto con Dio non è questione «per chi ha la fede», ma un problema aperto per tutti.

L’alternativa a questo desiderio è quell’incessante arraffo, quell’attaccamento morboso alle cose, quell’ansia, quell’ambizione bugiarda, quel voler avere tutto a tutti i costi che genera ira, depressione e schifo di sé.

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