Altro che New Deal Salvò l'America entrando in guerra

Altro che New Deal Salvò l'America entrando in guerra

Diciamo la verità: politicamente Franklin Delano Roosevelt aveva un compito facile. Ereditò la Casa Bianca da quello che - a torto - è stato considerato il peggior presidente della storia americana. Al suo predecessore, Herbert Hoover, fu data ingiustamente la colpa della Grande Depressione. Fare meglio di lui, a quel punto, non era molto difficile. Vero è che Roosevelt prese in mano un Paese sostanzialmente distrutto e lo risollevò e per questo è considerato da sempre uno dei pesi massimi della storia americana, il discendente diretto dei padri fondatori e poi di Lincoln. Otto decenni dopo, però, oggi la storiografia ha puntellato le analisi sulla presidenza più lunga della storia degli Stati Uniti. Per un lungo pezzo di Novecento, si pensava che a rimettere in piedi l'America dopo la Grande Depressione fu il vasto pacchetto di riforme pubbliche del New Deal: Roosevelt è ricordato soprattutto - se non solo - per questo e al New Deal è stato spesso usato come termine di paragone per molti altri presidenti. Oggi si può dire che seppur importante, la portata del New Deal è stata ampliata dalla propaganda rooseveltiana prima e liberal poi, perché rappresenta il punto più riuscito della dottrina economica di John Maynard Keynes, il quale suggeriva l'intervento dello stato per favorire la spesa e quindi la ripresa. A questo si ispirò Roosevelt e ciò che ne nacque e che poi fu messo sotto il cappello del New Deal, fu un grande programma di investimenti pubblici: furono dati forti incentivi alla agricoltura (l'Agricultural Adjustement Act) per limitare la sovrapproduzione che aveva causato una drastica caduta dei prezzi; furono aumentate le per i redditi per i ceti più elevati; fu creata la Tennessee Valley Authority, un'agenzia che impiegò milioni di disoccupati nella costruzione di imponenti dighe per sfruttare le risorse idroelettriche del bacino del Tennessee; fu fondata la Work Progress Administration, altra agenzia governativa che gestiva la realizzazione di importanti opere pubbliche.
Tutto questo, accompagnato da una gigantesca e riuscitissima campagna di comunicazione, è stato a lungo considerato la ricetta migliore per uscire dalla crisi. Oggi, invece, gli effetti del New Deal sono molto più discussi: il tempo ha fatto calare gli entusiasmi e creato qualche perplessità: molti storici e molti economisti attribuiscono a quel mastodontico intervento statale la recessione che colpì gli Usa nel 1936. Come a dire: drogarono il mercato e poi portarono una nuova depressione. Da qui la domanda: come fece l'America a uscire dal pantano? Semplice: la guerra.
Ecco: Franklin Delano Roosevelt è stato il presidente della seconda guerra mondiale. Aveva già due mandati alle spalle quando i giapponesi attaccarono Pearl Harbor e «costrinsero» gli Usa a entrare nel conflitto. Fu eletto nel 1932, poi nel 1936: la prassi voluta da George Washington gli avrebbe dovuto suggerire di fermarsi, invece continuò primo nella storia degli Stati Uniti. Si prese la Casa Bianca anche nel 1940 e nel 1944. La dichiarazione di guerra al Giappone e quindi anche alla Germania e all'Italia, Roosevelt la firmò l'8 dicembre 1941, all'indomani della «data che rimarrà nell'infamia», come disse il presidente parlando dell'attacco giapponese alle Hawaii del giorno prima. Anche qui la storiografia ha aggiustato il tiro: oggi molti esperti sostengono che Roosevelt sapesse dell'attacco dei giapponesi e che avesse scelto di non fermarli per avere una scusa per entrare in una guerra che non si combatteva sul territorio americano e che quindi poteva essere davvero il paradossale volano per l'economia Usa. Quale che sia la verità, la decisione del presidente di entrare in guerra cambiò le sorti del mondo e dell'America stessa che con la vittoria contro il nazismo diventò davvero la più grande potenza mondiale.
Roosevelt non vide i risultati, però. Morì prima che la guerra fosse finita davvero. A ucciderlo fu una emorragia celebrale che nulla aveva a che fare con la malattia che l'aveva colpito intono ai 40 anni. All'epoca si pensava fosse poliomelite, poi si scoprì che era la sindrome di Guillain-Barré: un deficit del sistema nervoso periferico che costrinse Roosevelt su una seria a rotelle (anche se complice l'assenza della tv raramente il presidente fu visto in pubblico sulla carrozzina). La vita privata di Fdr è un continuo rimbalzo tra pettegolezzi e verità: era nato ricco, figlio unico di una delle famiglie più facoltose dello stato di New York. Frequentò Harvard e la Columbia University, fu avvocato a Wall Street. Si fidanzò molto giovane con Eleanor, che era una sua lontana parente, ma che soprattutto era nipote del presidente Theodore Roosevelt. Eleanor è stata la prima first lady moderna: sempre accanto al marito e sempre impegnata politicamente. Il tutto nonostante una vita di coppia turbolenta: è vero che ebbero sei figli, ma è vero anche che lui la tradì ripetutamente e che di fatto ebbe anche un'amante semiufficiale.

Eleanor non ne fece una questione di Stato: accettò suo malgrado, consapevole che una separazione sarebbe stata devastante sia per lui, sia per lei. Tra i due nacque un solalizio politico che alimentò la loro fortuna. Come anni dopo sarebbe accaduto a un altro presidente democratico e a un'altra first lady: Bill e Hillary Clinton.

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