
Enrico Bartolini è, com’è noto, il Re Mida della ristorazione italiana, con quattordici stelle disseminate in nove ristoranti sparsi in sei diverse regioni, dal Piemonte e la Sardegna. Tra essi c’è anche il Bluh all’interno del Furore Grand Hotel, una struttura bella e confortevole aperta dalla famiglia Irollo de Lutiis nel 2023 a 800 gradini di distanza dal più famoso fiordo della Costiera Amalfitana. Loro idea era quella di creare una capsula di ospitalità di altissimo livello in una zona panoramicamente incantevole. Ci sono 35 stanze tutte con vista mare, molte con jacuzzi o piscina. C’è la spa Petramare, un wellness center aperto anche ai visitatori esterni, che si articola tra una parte esterna con piscine, solarium, percorso Kneipp e spazi per corsi di yoga e mindfulness e un’area interna con sauna, bagno turco, piscina riscaldata e sala trattamenti. E poi c’è una parte ristorativa davvero molto rilevante.
Per guidare la cucina del Bluh Bartolini ha scelto Vincenzo Russo, classe 1995, campano della vicina Gragnano - la città della pasta – che ha nel curriculum sette anni trascorsi al servizio di Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi. Ora, se c’è una cosa su cui Bartolini è super è la capacità di scegliere i cuochi dei suoi ristoranti. E Russo mostra una mano gentile e precisa, che riesce a esprime il territorio, e quindi le sue radici, in un linguaggio contemporaneo e di piglio internazionale.
Quattro i menu degustazione: il Filo Bluh (170 euro) che racconta il legame con il territorio; l’appassionato Amore e Furore (180); l’enigmatico Ombre e Orme (170 euro); e il più classicheggiante Respiro della Terra (150). Io nella mia visita ho potuto girovagare tra i vari percorsi. Dopo qualche snack arriva l’Acqua di polpo aromatizzata con lemongrass, basilico e limone con Carpaccio di polpo, maionese del quinto quarto e insalata di sedano. Poi il piatto forse più interessante della serata, il Festival di pomodoro, tre varietà locali, San Marzano, datterino giallo e camone, con la seppia cotta shabu shabu. Segue un piatto simbolo della cucina di chef Russo, i Veli di mare, una pasia – in questo caso un Risone di semola cotto in acqua di frutti di mare - con salse di lattuga di mare, di riccio di mare, di nero di seppia, con crema di patate, scarole, acqua di provola, cozze, vongole, cannolicchi spadellati, ricci crudi ed erbe.

È il momento della Rana pescatrice con zucchine alla scapece e crema di aglio nero, ultimo piatto salato. A fare da intermezzo tra le due sezioni della cena dei Ravioli di mango con bavarese di cocco, passion fruit e mango, riduzione di vaniglia e ananas. Il dolce vero è propri è il Si alza il vento, una celebrazione della vita agra dei pescatori: meringa di zucchero, caramello di agrumi, poché di agrumi, cream cheese di limone, crema di albedo, namelaka di mandorla, vellutata di limone e rosmarino, gelato alla violetta, riduzione dello stesso poché. Più veloce da mangiare che da raccontare ma gusto ed eleganza sono perfette. Ultima coccola, un bombolone o meglio, come si dice da queste parti una “graffa” con zucchero e cannella da immergere in una mousse di miele e vaniglia. Va detto che chef Russo si avvantaggia anche dei prodotti dell’orto sintropico grande circa mille metri quadri nei quali vengono coltivati ortaggi e piante aromatiche e da frutto.
Il servizio è perfetto, ben diretto da Raffaele Rispoli, la cantina con molte proposte del territorio è selezionata da Giovanna Ragno.
Di giorno c’è il ristorante “all day dining” Acquarasa, nel quale lo stesso Russo propone una cucina di memorie campane, con piatti come il Peperone ‘mbuttunat, la Genovese, lo Scarpariello, il Cureniello tiepido con scarola alla partenopea, le Sarde ammullicate. E nel Ria Lounge Bar si può bere il bicchiere (il “signature cocktail”) della staffa.