Altro che parlamentari: non sanno neppure avvitare una lampadina

Ho un figlio che da pochi giorni ha compiuto 18 anni. È un ragazzo in gambissima, è meglio del padre, ma l’eventualità di chiamarlo onorevole mi mette molta tenerezza e una certa inquietudine. Con la nuova legge giovanilista, potrebbe essere eletto a decidere i destini della nazione, mentre ancora è impegnatissimo a decidere i suoi. Prima di prendersi la maturità classica e la patente di guida, sarebbe già maturo per guidare noi. Mi chiedo: davvero l’idea di svecchiare il Parlamento è tanto suggestiva?
Non sono così vecchio da tifare per reduci e tromboni, non sono così giovane da blandire i teenager. Sono una persona che viaggia nella terra di mezzo. Certo coltivo tante speranze e tanto rispetto per i nostri ragazzi. Sono convinto che essere giovani al giorno d’oggi sia molto più complicato che esserlo all’epoca mia, quando già non era semplicissimo. Ma questo non toglie che il progetto del deputato diciottenne risulti quanto meno avventuroso. Sento un coro di euforici che in tv ripetono lo stesso slogan: è già così in molti Paesi. La statistica non cambia nulla: come cerco di insegnare a mio figlio, non sempre quello che fanno tutti è la cosa migliore. Comunque inutile negarlo: la legge strapperà tanti applausi, come tutte le leggi velate di demagogia. Dire che la politica va ringiovanita, come dire che la politica va siringata di quote rosa, è argomento di sicuro successo. È una verità veltroniana, come dire che i bimbi non devono piangere mai. Eppure, per quanto entusiasti si possa essere, come ignorare l’effetto più paradossale della rivoluzione: nata per rilanciare la politica, finirà malinconicamente per svilirla. È ufficiale: in futuro la professione del parlamentare sarà l’unica a non richiedere una laurea. E per laurea non intendo un pezzo di carta formale, sostanzialmente inutile: parlo di un ciclo di studi che attrezzi gli uomini in sapere, in metodo, in saggezza. Ormai è richiesta - giustissimamente - anche alle maestrine delle elementari e alle infermiere professionali. In Parlamento invece si potrà arrivare prima ancora di finire le superiori, improvvisandosi dalla sera alla mattina. È vero, Mozart e Maradona erano pronti molto prima. Ma non è che in giro siano tutti Mozart e Maradona.
Sarà che personalmente conservo una concezione alta della politica, perché il progetto del destino comune resta sempre l’operazione più delicata. Ma è per questo che mi suona assurdo affidare la difficile professione a persone ancora in formazione. Il primo risultato pratico? Inevitabile: poveri baby-onorevoli terribilmente più esposti a condizionamenti, pressioni, ordini della politica cinica e scafata. Riconosciamolo: più che altro, la nuova legge servirà soltanto ad aprire un nuovo mercato del lavoro per i nostri ragazzi confusi e smarriti. Oltre a sognare un posto da tronista o un matrimonio con il calciatore, potranno inseguire una poltrona a Roma. Così, trionfalmente, allargheremo il fenomeno che da sempre diciamo di combattere: i professionisti della politica.
Come li chiameremo, questi deputati che entrano in Parlamento a 18 anni, senza aver provato nemmeno a cambiare una lampadina o a far code in Posta? Per quanto mi riguarda, non auguro a mio figlio di diventare deputato così presto. L’augurio vero che gli faccio è vivere prima o poi, più prima che poi, in un’Italia diversa.

Un’Italia che finalmente riesca a valutare e a premiare il valore, senza chiedere la carta d’identità a nessuno. Figlio mio, ti chiedo perdono, ma continuo a credere che un vecchio in gamba sia comunque meglio di un giovane cretino.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica