Ambiente

Microplastiche: cosa sono e come impattano sull'ambiente

Le microplastiche sono delle particelle di plastica, molto piccole, che inquinano gli oceani minando la sopravvivenza di molte specie di volatili marini. Ma potrebbero esserci dei rischi anche per la salute dell'uomo

Microplastiche: cosa sono e come impattano sull'ambiente
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Le microplastiche sono tra i maggiori elementi residuali che inquinano l'ambiente. La scorsa primavera, i ricercatori dell'università di Kyushu (Giappone) hanno rilevato la presenza di ben 24mila miliardi di frammenti plastici negli strati superficiali degli oceani. Vale a dire l'equivalente di circa 30 miliardi di bottiglie di plastica da mezzo litro. Un numero da capogiro che mette in allerta circa i possibili rischi per la sopravvivenza di molte specie animali e per la salute dell'uomo.

Cosa sono le microplastiche

Microplastiche 1

Le microplastiche sono dei residui (plastici, per l'appunto) di piccole dimensioni che infestano l'ambiente, specie quello marino. Sono talmente piccole - il diametro misura meno di cinque millimetri - che risultano quasi invisibili a occhio nudo.

Il termine fu coniato da Richard Thompson, studioso e ricercatore marino dell’Università di Plymouth (Inghilterra) nel 2004, a seguito del ritrovamento dei detriti di plastica su una spiaggia in Inghilterra. Per convenzione, le microplastiche si dividono in due grandi categorie:

  • primarie;
  • secondarie.

Nella prima categoria rientrano le particelle derivanti dal lavaggio di capi sintetici, dall'abrasione degli pneumatici delle auto durante la guida e quelle presenti nei prodotti di cosmetica e cura del corpo (ad esempio lo scrub facciale).

Della seconda categoria fanno parte, invece, le microparticelle prodotte da oggetti di dimensioni più grandi (sacchetti, bottiglie, etc..) e rappresentano circa l'80% dei residui presenti in mare.

I rischi per l'ambiente e per l'uomo

microplastiche 2

Uno dei rischi maggiori legati alla presenza di microplastiche nell'ambiente interessa gli animali, specie la fauna marina. Ricerche risalenti a circa quarant'anni fa, rilevarono tracce di plastica negli stomaci degli uccelli marini. Nel corso degli anni, il numero degli habitat danneggiati è aumentato a dismisura includendo, in totale, oltre 700 specie di animali.

Alcuni studi osservazionali hanno evidenziato che le plastiche possono danneggiare il sistema riproduttivo ed endocrino dei pesci. Tutto questo, ovviamente, si ripercuote anche sulla salute dell'uomo. Attraverso la catena alimentare, infatti, la plastica ingerita dagli animali marini può finire direttamente nel cibo. Non a caso, di recente, sono state trovate tracce di microparticelle nel sale, nella birra, in frutta e verdura fresca e nell'acqua.

Ad oggi, i potenziali effetti nocivi della microplastica sull'uomo non sono ancora noti. Certo è che le risultanze emerse da alcuni test di laboratorio non sono incoraggianti rilevando danni alle cellule umane di varia entità: dalle reazioni allergiche alla morte cellulare.

Alcuni studiosi ritengono, altresì, che possa esservi una correlazione tra alcune malattie polmonari e l'inalazione di particelle volatili (parliamo sempre di residui plastici). Al momento però non è possibile fare una stima sulla reale pericolosità delle micoplastiche per la salute.

Gli scenari futuri

Microplastiche

Secondo gli scienziati è molto probabile che, entro la metà del secolo, il problema delle microplastiche interesserà tutte le specie di uccelli marini.

Per fare fronte a questa ingente criticità, l'Ue ha già adottato una serie di misure che mirano a limitare i danni ambientali derivanti dai rifiuti di plastica. A gennaio 2020, ad esempio, è scattato il divieto di mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche (lo stop era stato previsto dalla Legge di Bilancio 2018).

Lo stesso si dica per i prodotti di plastica monouso, la cui vendita è stata vietata a partire dal 14 gennaio 2022 (Direttiva Ue "Sup"- Single Plastica Use) e per i quali esistono sul mercato già delle alternative compostabili o biodegradabili.

L'obiettivo comune è quello di ridurre la presenza di rifiuti plastici che invadono i mari e gli oceani.

A tal riguardo, lo scorso marzo, l'Unea (Assemblea delle Nazioni Unite per l'ambiente) ha approvato un documento che impegna gli stati membri a elaborare, entro il 2024, una strategia concreta per la gestione del ciclo vitale della plastica: dalla produzione alle politiche di riduzione.

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