Ammaniti, un premio Strega come Dio comanda

È con qualche apprensione che segnaliamo un fatto gravissimo. Siamo ai primi di febbraio e ancora non si ha idea di chi vincerà il premio Strega. Che agli inizi di febbraio la signora Annamaria Rimoaldi non abbia ancora fatto scendere sul prescelto il suo imprimatur regale è cosa grave e inconcepibile. L’anno scorso di questi tempi il bravo Sandro Veronesi era già stato nominato come sicuro vincitore. Anche Maurizio Maggiani e Ugo Riccarelli, gli anni precedenti, non erano stati lasciati nell’incertezza e prima di carnevale i giochi erano chiusi. Insomma, mica vorrete farci aspettare il primo giovedì di luglio per sapere di che morte moriremo. Che modi sono? Protestiamo vivamente, a nome di tutti gli utenti, per questo scandaloso ritardo.
Qualche ingenuo potrebbe avanzare la scellerata ipotesi che il maggior riconoscimento letterario del paese si sia dato un codice morale e abbia deciso di lasciare alla giuria il compito di scegliere e votare liberamente i candidati. Ma la tesi oltre che scellerata sarebbe intollerabile, perché aprirebbe un vuoto di potere che non si conosce dai tempi aurei in cui i vincitori rispondevano ai nomi di Flaiano, Pavese, Soldati, Buzzati, Cancogni o Landolfi. Molto più probabile che il generale lassismo di questo inizio millennio abbia contagiato anche lo Strega, neanche la Rimoaldi fosse un Bersani qualsiasi. Insomma, stiamo parlando di premi letterari, mica di tassisti.
Rimediamo al disonorevole spettacolo suggerendo il nome di uno scrittore che presenta indubbi vantaggi: è un autore Mondadori (e se le tradizioni non sono acqua calda, quest’anno tocca alla casa editrice di Segrate), è un autore giovane che piace ai giovani ma non dispiace ai meno giovani, è abbastanza di sinistra da non sfigurare nel palmarès di Villa Giulia, veste casual ma possiede anche una giacca di lino per la premiazione. Il suo romanzo non è bellissimo (altrimenti sarebbe difficile farlo vincere), ma neppure malvagio (non certo peggiore degli ultimi vincitori), ai critici non è piaciuto molto ma neppure molto dispiaciuto. Insomma, il nome perfetto è quello di Niccolò Ammaniti, per gli amici Nic, un autore che ti prende e ti porta via. Anche il titolo è perfetto: Come Dio comanda.


Se questa ipotesi non fosse gradita alla signora Rimoaldi, passiamo al suggerimento numero due: non premiare nessuno. Sarebbe un’iniziativa di sicuro successo. Se l’annata non promette niente di buono, meglio premiare lo scrittore che non esiste. Mica male, no?
caterina.soffici@ilgiornale.it

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